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“Stati generali della Città”: documento di Confapi pmi Modena

Confapi pmi Modena ha prodotto un documento frutto degli approfondimenti svolti in associazione circa gli argomenti oggetto degli “Stati generali della Città” promossi dal Sindaco. Obiettivo principale del documento è rappresentare all’amministrazione il convincimento che il “cuore pulsante” della nostra economia e della nostra società continua ad essere rappresentato dalle piccole e medie aziende manifatturiere.

Su questo tema, come su molti altri che impattano in modi diversi il nostro territorio, Confapi pmi Modena ritiene necessario fornire, alle imprese e alla comunità, un quadro chiaro di quali siano le prospettive e quali gli strumenti per fronteggiare una situazione che, a nostro giudizio, resta ancora colma di incertezze.

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“L’avvio di un confronto sul futuro di Modena, attraverso la convocazione di Stati Generali promossi dal Sindaco, trova il nostro convinto appoggio.

Come è noto la provincia di Modena, già dagli anni ’50, seppe investire su se stessa, emancipandosi da una situazione di profonda e diffusa criticità economica essenzialmente a vocazione agricola, per raggiungere, in pochi decenni, livelli di benessere diffuso che, ancor oggi ci collocano fra le aree più prospere a livello globale.

Ciò è stato possibile grazie alla convergenza di molteplici fattori; fra questi, certamente, l’azione degli imprenditori, dei lavoratori e, non ultimi, di amministratori illuminati e coraggiosi che hanno saputo assecondare l’intraprendenza e la propensione a mettersi in gioco dei modenesi.

La strada percorsa è stata lunga, i successi si aggiungevano ai successi; il “brand” Modena è arrivato ad essere conosciuto nel mondo, e non solo per i pochi grandi marchi, ma anche per la miriade di piccoli e piccolissimi centri di eccellenza che hanno saputo conquistare la fiducia dei mercati.

Poi, a fine 2008 la crisi ha portato inesorabilmente il gelo della consapevolezza della fine di un ciclo.

Modena oggi affronta, per la prima volta dal dopoguerra, una situazione inedita, in cui il livello della disoccupazione è prossimo al 10%. Circa 30.000 lavoratori fruiscono tuttora degli ammortizzatori sociali messi in campo per fronteggiare la crisi.

Riteniamo che si debba partire da queste considerazioni per produrre risultati che siano utili a conferire un reale impulso alla ripresa.

Siamo ora chiamati a mettere in campo la capacità di immaginare il nostro futuro sul doppio binario dell’identità e del cambiamento, termini che devono essere considerati tutt’altro che contraddittori, bensì perfettamente complementari, nel solco della nostra tradizione.

Di fronte a competitor globali che sul piano quantitativo sono irraggiungibili, noi dobbiamo puntare a mantenere il controllo sulle produzioni a maggiore valore aggiunto.

Queste riflessioni portano tutte a concludere che è necessario andare dove lo sviluppo si manifesta; scelta obbligata specie per l’Italia, da tempo alle prese con lo scarso sviluppo della domanda interna.

Proponiamo allora alcune considerazioni:

– i mercati tradizionali, per come li abbiamo conosciuti prima della crisi, cresceranno con ritmi ridotti. L’economia tedesca (che rappresenta un terzo di quella europea), nostro storico mercato di sbocco, ha avviato una politica che, almeno nel breve periodo, non favorirà i consumi interni, ma punterà a una propria politica di export, più espansionistica e aggressiva. Al contrario, i mercati emergenti presentano trend di crescita ancora ragguardevoli;

– nell’approccio ai nuovi mercati saranno sempre più strategiche le partnership. Su tutte, l’alleanza banche-imprese, non solo per l’aspetto creditizio, ma anche, e soprattutto, per la profonda conoscenza che alcuni istituti bancari di livello internazionale hanno su quei mercati rispetto ai quali sono vere e proprie “banche del territorio”;

– fondamentale, infine, collocare i nostri ragionamenti in un ambito di “area vasta” che comprenda anche Reggio Emilia e Bologna, due aree con le quali va intrecciato un dialogo intenso e produttivo, finalizzato a costruire un sistema territoriale “a rete” che sostenga l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese.

Non mancano, a Modena, enti il cui scopo consiste nel sostegno e nella promozione delle imprese. Manca, semmai, una vision che ne abbracci gli ambiti operativi e che, di conseguenza, dia luogo a un coordinamento fra le diverse competenze. Ci si augura vivamente che gli Stati generali contribuiscano a sanare questa carenza; ne verrà un bene soprattutto dal punto di vista di una corretta allocazione delle risorse. Per punti:

Promec: occorre ripensarne non tanto la mission, quanto le modalità e la struttura operative, allora si sarà fatto un servizio alle imprese e alla comunità intera.

Modena Fiere: costituisce un problema da affrontare in termini strategici, decidendo ed esplicitando quale ruolo si voglia dare al quartiere modenese e quali rapporti reali esistano con Bologna Fiere.

Promo: a distanza di mesi dall’acquisizione da parte della Camera non se ne è più sentito parlare.

Un doveroso accenno, infine, al ruolo sempre più importante che può e deve essere svolto dalle Fondazioni bancarie, alle quali va chiesto di essere maggiormente in sintonia con i bisogni del territorio, riducendo l’impegno in altre attività, sicuramente importanti, ma che in questa particolare congiuntura di difficoltà economico-finanziaria e occupazionale debbono essere ridiscusse insieme a tutta la comunità.

Uno dei principali “strumenti dello sviluppo” è costituito dalla rete infrastrutturale.

Occorre anzitutto elaborare un piano infrastrutturale che veda co-protagoniste le realtà limitrofe di Bologna, Modena e Reggio Emilia; va affermato con i fatti che un aeroporto come il Marconi non serve solamente la realtà bolognese, ma quella dell’intera regione. Lo stesso dicasi per l’Autostrada del Brennero, e per la Fiera di Bologna, le cui difficoltà preoccupano anche per i riflessi negativi che potrebbero aversi sui comparti della ceramica e della meccanica. Sarebbe invece auspicabile che gli Enti modenesi, dalla Camera di Commercio (il cui immobilismo inizia a essere preoccupante), alle Fondazioni bancarie agli Enti locali, entrino a far parte delle compagini sociali delle infrastrutture più importanti della regione, per rafforzarle e orientarle verso un ruolo di più incisiva leadership. Con l’obiettivo di realizzare un Servizio Metropolitano che operi in una logica di “area vasta” e che sia capace di incidere positivamente sulla mobilità delle persone e dei capitali nel territorio.

Riteniamo che, ancor più che in passato, ci si debba orientare verso politiche di rigenerazione urbana, anzitutto negli spazi pubblici. Confapi pmi Modena segnala alcuni temi che al carattere dell’urgenza uniscono quello della grande rilevanza, a causa dei potenziali impatti sulla qualità complessiva del tessuto urbano:

– ricollocazione di alcune sedi istituzionali;

– difficoltà nell’avanzamento di alcuni importanti progetti urbanistici;

– aree demaniali: Aeronautica militare e 8° Campale.

L’attività di ricerca, deve essere certamente sostenuta, chiedendo però al mondo accademico di farsi vero catalizzatore delle esigenze del mondo produttivo, anche costruendo reti che coinvolgano gli altri centri di ricerca regionali e nazionali. La piena attuazione dell’accordo sul Polo tecnologico costituirà un passo importante in questa direzione; per perseguire la strategia volta a salvaguardare e incrementare le produzioni ad alto valore aggiunto, occorrono nuove tecnologie, che potranno essere approntate se si lavorerà per elevare la qualità della ricerca, uscendo dalla logica dei finanziamenti a pioggia, a fondo perduto.

Negli ultimi tempi si è fatto un gran parlare delle potenzialità turistiche di Modena, e della relativa necessità di articolare un’offerta che, partendo da alcune “eccellenze”, sia capace di attrarre maggiori flussi. Tutto bene, purché non finisca per passare un racconto del nostro territorio che ben poco ha a che fare con il reale stato delle cose.

Noi riteniamo che la proposta culturale sia un potente elemento di marketing territoriale, (concetto sul quale occorrerebbe per altro fare chiarezza una volta per tutte); un sistema territoriale efficiente e competitivo è tale se è anche vivace e dinamico sul piano della produzione e dell’offerta culturale. Occorre evitare di limitarsi al puro “entertainment”; rompendo drasticamente, anche in questo caso, con la politica della distribuzione di piccoli finanziamenti a pioggia che tutto garantisce tranne la qualità”.
















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