La ditta produceva e metteva in commercio bustine di doppio concentrato di pomodoro destinate all’esportazione a paesi esteri etichettandole come prodotte in Italia: il pomodoro, però, era in prevalenza cinese. I carabidniri del Nas di Parma hanno sequestrato in totale 220.000 bustine con prodotto “misto” a una ditta di lavorazione di concentrato di pomodoro della provincia di Reggio Emilia. Le indagini hanno appurato che la ditta miscelava doppio concentrato di pomodoro proveniente dalla Province di Parma e di Reggio Emilia con quello di origine cinese.
Tra la documentrazione sequestrata, attestante la frode, un ordine di acquisto di un carico di fusti di doppio concentrato di pomodoro proveniente dalla Repubblica Popolare Cinese, sbarcato nel porto di La Spezia. Ricostruito anche tutto il percorso delle bustine di concentrato, che veniva venduto direttamente a una ditta in Germania – ma anche a ditte italiane – che lo assemblavano in un kit con un pacchetto di spaghetti e una bustina di formaggio grattugiato. Il tutto destinato a paesi esteri, in prevalenza la Germania.
Il titolare della ditta reggiana è stato denunciato dai carabinieri per frode nell’esercizio del commercio, per aver messo in commercio un prodotto diverso da quello dichiarato: nell’etichetta si parlava infatti di prodotto italiano.
I sequestri sono avvenuti in due ditte ‘assemblatrici’ dei kit, una nel Cremonese e l’altra in provincia di Cuneo, ma le produzioni sono state acquistate anche da una ditta altoatesina che faceva analoghe produzioni, ma che non era però più in possesso del prodotto. Dopo le ispezioni, cominciate a marzo-aprile 2010, sono state sequestrate tutte le produzioni sospette e compiute ispezioni su tutti gli acquirenti. Tuttavia, molte erano già state vendute e avevano raggiunto i consumatori finali. Inoltre, durante le fasi del controllo, nella stessa ditta sono stati sottoposti a sequestro amministrativo 48.000 kg di prodotto (423.000 confezioni circa) verosimilmente con doppio concentrato di pomodoro con diciture in tedesco.
Il sequestro si è reso necessario – hanno spiegato i Carabinieri – poiché dal controllo della documentazione sulla tracciabilità non è stato possibile, per quelle produzioni, eseguire il reale riscontro tra la materia prima in entrata ed il prodotto finito. Dopo analisi e accertamenti svolti dall’Asl, anche per verificare eventuali pericoli per la salute e che hanno avuto esito negativo, le produzioni sono state dissequestrate.