Gentile Assessore Sitta,
devo dire che comprendo umanamente il suo sfogo, effettivamente Modena può essere una piazza difficile nella quale agire. C’è un legame forte della gente modenese ai propri spazi, alle proprie abitudini, al quale si accompagna un generale rifiuto verso quello che viene vissuto come uno snaturamento delle abitudini consolidate. E forse questo è un po’ provinciale.
Del resto però in questi anni si è spesso assistito al tentativo di vendere come innovazione tutto quanto arrivasse da nomi “altisonanti”, che spesso la gran massa dei cittadini però non conosceva, e che come tali sono suonati semplicemente estranei arrivati a modificare gli spazi noti. Questo in aggiunta al fatto che a volte è proprio del provinciale ritenere che qualcosa sia bello o innovativo perché sopra ha la targhetta che conta, sia esso un capo di vestiario o un progetto architettonico.
Porgo quindi a Lei la mia obiezione: se è vero che questo sentire è diffuso in città, ed è trasversale, pensa davvero che stia ad un assessore tentare di modificare questo modo di vedere? Se Lei e la Giunta di cui fa parte, ritenete sia corretto procedere nel vostro cammino di “innovazione”, siete liberi di farlo, ne avete il mandato elettorale. Prendendo poi atto delle conseguenze eventuali. E non è una minaccia, ma il dato di fatto di un sistema democratico, nel quale chi viene eletto sceglie, e poi passa all’incasso del consenso ottenuto. Diverso è pretendere il consenso generalizzato. Se invece deciderete, come credo sia meglio, di procedere ad una consultazione, dovrete poi prendere atto del risultato, se sarà sfavorevole, come ne prenderà atto chi è sfavorevole ai progetti messi in consultazione, se la sua parte sarà minoritaria.
Ma non credo che accusare una parte della città di essere provinciale, passatista, e anche maleducata, sia una buona politica: la reputazione cattiva di cui parla, è in realtà il sintomo di una città che manifesta, magari a gran voce, quello che lei inizialmente descrive come sensibilità sociale, partecipazione, attivismo. Il senso di appartenenza non funziona a singhiozzo. Le meraviglie fatte dai nostri concittadini in questi anni, sul fronte imprenditoriale, cooperativo, sociale, educativo, sono dovute al loro modo di essere, che intende il bene comune come composto dal piccolo lavoro di ciascuno. Per questo non si può dir loro di star zitti se alzano la voce quando sentono di doverlo fare. Sentono la città loro, e quindi vogliono contare all’interno di quelle decisioni che rimangono. Una giunta dura 5 anni, magari 10. Un piazza rimane, una piscina, o un grattacielo pure.
La stessa “verve” che Lei dimostra spesso nel difendere giustamente i progetti che propone, è frutto di questa terra di animi caldi. Accetti quindi che dall’altra parte può trovare lo stesso animo. E magari in futuro pensate seriamente ad un percorso partecipato preventivo a certe scelte. Questo eviterà magari proteste eclatanti.
Avv. Luca Ghelfi