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Modena: 18 Sindaci, “Non vogliamo essere gli sceriffi del Governo”

Per iniziativa del sindaco di Modena Giorgio Pighi, 18 primi cittadini lanciano un appello a Governo e Parlamento affinché assumano decisioni sulla sicurezza.

“Siamo sindaci, non sceriffi; i nostri riferimenti sono le persone e le politiche per rendere migliori le città”. Lo sostengono 18 sindaci italiani alla guida di giunte di centro sinistra che, per iniziativa del primo cittadino di Modena, Giorgio Pighi, lanciano un appello affinché Governo e Parlamento assumano rapidamente “decisioni coerenti” sul tema della sicurezza urbana. Il documento è stato sottoscritto dai primi cittadini di Bolzano, Cesena, Firenze, Forlì, Genova, Imola, La Spezia, Lodi, Massa, Padova, Piacenza, Pistoia, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo e Trento.

“La sicurezza delle città non riguarda solo la prevenzione della criminalità, ma anche il superamento delle situazioni in cui i pericoli di ordine materiale, fisico o morale sono controllati attraverso le competenze proprie dei Comuni per assicurare coesione ai cittadini ed alla collettività”, si legge nel documento. Si tratta di un’esigenza urgente, rivelano i sindaci, in particolare dopo che la Corte Costituzionale ha evidenziato tutti i limiti del cosiddetto decreto Maroni. La suprema corte, infatti, evidenzia che il testo del ministro degli interni “ha ad oggetto esclusivamente la tutela della sicurezza pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati.”

Questo significa fare sicurezza solo attraverso la repressione dei reati e che il trasferimento di poteri, comunque sotto il controllo dei prefetti e per ora senza trasferimento di risorse, è indirizzato solo ad una parte delle politiche di sicurezza, per altro quella dove l’azione dei Comuni risulta meno incisiva.

Valorizzare la sicurezza nelle città – afferma il documento – significa invece uscire dallo stereotipo dell’ordine e della sicurezza pubblica per accedere al più evoluto e concreto concetto di sicurezza urbana. Le politiche locali di sicurezza, le politiche integrate e la riforma della Polizia locale sono gli strumenti che oggi si devono mettere in campo per migliorare la qualità della vita delle città.

Si costruisce sicurezza urbana – sostengono i firmatari – solo se si è capaci di individuare l’azione più corretta per ogni situazione e di adottare quella più appropriata, scegliendo tra interventi amministrativi e interventi di contenimento e realizzando, in tal modo, le politiche integrate. Se privilegiamo o l’una o l’altra, senza accertarci quale sia la più idonea allo scopo che di volta in volta deve essere raggiunto, nulla potrà essere risolto correttamente.

“Avevamo dato credito al ministro Maroni, ma avevamo anche sottolineato -affermano i sindaci – che una funzione residuale sotto il controllo del prefetto non ci basta, in quanto la Costituzione ci assegna poteri più ampi e diversi da quelli soffocati all’interno della sicurezza pubblica di competenza statale. La lettura riduttiva contenuta nel decreto Maroni ci consegna una sorta di ‘sottosettore’ della sicurezza pubblica che contraddice le definizioni normative di sicurezza urbana contenute nelle leggi dei più importanti Paesi europei e che vedono un largo consenso di città, province e regioni all’interno dell’Anci, del Forum italiano e del Forum europeo sulla sicurezza urbana.”

L’idea di sicurezza urbana per la quale i sindaci ritengono doveroso impegnarsi nell’interesse dei cittadini è, quindi, espressione delle politiche locali, non appendice dei poteri dello Stato. Nello stesso tempo si afferma che ai sindaci compete, come eletti e non come ufficiali di Governo, creare sinergia e integrazione con la sicurezza pubblica.

Il documento rileva inoltre che il Parlamento deve impegnarsi ad approvare il progetto di riforma della Polizia municipale presentato dai senatori Saia e Barbolini, un testo che disciplina in maniera completa il ruolo dei primi cittadini nella sicurezza urbana.

In questo quadro, i provvedimenti dei sindaci sulla sicurezza urbana non dovranno essere necessariamente ordinanze, ma anche norme regolamentari e disposizioni di indirizzo alla Polizia municipale; e, ancora, organizzazione dei servizi riguardanti l’infanzia, gli immigrati, i nomadi, le fasce giovanili marginali, i giovani in difficoltà, l’abbandono scolastico, la conflittualità interetnica, il degrado fisico dei luoghi, la frequentazione dei locali pubblici, l’uso dei mezzi pubblici.

I sindaci che sottoscrivono il documento chiedono quindi con fermezza la chiara definizione delle politiche locali e delle politiche integrate di sicurezza, superando gli ostacoli e le resistenze che impediscono pienamente alle autonomie locali di esercitare fino in fondo le loro funzioni.

“Le politiche di sicurezza sono a un bivio – concludono il documento – siamo pronti ad impegnarci sul fronte della sicurezza, lo abbiamo fatto e continueremo a farlo, ma per ottenere i risultati che i cittadini si attendono deve essere prevista una competenza di sicurezza urbana come prerogativa dei sindaci quali rappresentanti della comunità che li ha eletti, altrimenti si tratterebbe soltanto di un maldestro tentativo di scaricare sui comuni i limiti e le responsabilità del Governo”.

















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