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Lavoro irregolare nei pubblici esercizi modenesi: intervento delle Associazioni del settore

“Apprendiamo con sconcerto della presa di posizione dei sindacati del commercio di Cgil, Cisl, Uil sul tema del lavoro nero nei pubblici esercizi del nostro territorio, che raffigura un quadro non rispondente alla realtà dei fatti”. E’ questo il commento a caldo di Luca Marchini (Fipe), Mario Bugani (Fiepet), Sandro Fazio (Licom), Umberto Venturi (Cna.com) , a seguito dell’invio al Presidente della Provincia Emilio Sabattini di una lettera dei sindacati confederali in merito al lavoro irregolare nel settore della ristorazione.“Condividiamo certamente le preoccupazioni, espresse recentemente dal Presidente della Provincia in merito alla piaga del lavoro nero – puntualizzano i rappresentanti delle quattro Associazioni – e crediamo che la violazione delle regole che riguardano l’impiego dei lavoratori è doppiamente censurabile: sia perché se da un lato si ledono i diritti e si riducono le tutele di chi lavora, dall’altro questo genere di comportamenti determinano forme di concorrenza sleale tra le imprese del settore. E’ sicuramente ingiusto però quando si tratta di casi isolati, generalizzare, in quanto la stragrande maggioranza degli imprenditori del settore dei pubblici esercizi opera in modo corretto. Assimilare, come è stato fatto quelle che sono le forme di flessibilità previste nei rapporti di lavoro, al lavoro nero in quanto tale, risulta lesivo per una categoria che, come è noto ha esigenze del tutto particolari in tema di flessibilità. In una fase come quella attuale oltretutto in cui l’imprenditoria è costretta a destreggiarsi fra crisi dell’ occupazione e calo dei consumi, un clima di caccia alle streghe non giova a nessuno: né alle imprese, né tanto meno ai lavoratori.

“C’è invece perfetta sintonia – continuano i quattro Presidenti – rispetto alla denuncia che i sindacati fanno sulla presenza di “improvvisate attività imprenditoriali” e di operazioni di “riciclaggio di denaro sporco compiute dalla malavita organizzata”; crediamo però non sia sufficiente denunciare fenomeni come quelli succitati, che peraltro rischiano di inquinare un mercato ancora in larghissima parte sano. Pensiamo invece – rimarcano i quattro – sarebbe utile fare una profonda riflessione sulle cause, che riteniamo vadano principalmente ricercate nella forzata immissione, da parte degli enti locali, di un abnorme numero di licenze negli ultimi 15 anni. Con il risultato che l’offerta risulta, anche complice la crisi, e come abbiamo più volte detto, fortemente sovradimensionata rispetto alla domanda e che un contesto simile costituisce terreno fertile per la malavita organizzata”.

“Desideriamo infine sottolineare – concludono i rappresentanti delle quattro Associazioni – che le Associazioni di cui siamo rappresentanti, sono state e continueranno ad essere in prima linea nella lotta al lavoro sommerso e contro qualsiasi forma di illegalità, mettendo in campo ogni azione utile ad accrescere il livello di responsabilità degli imprenditori ed a radicare con sempre maggiore efficacia la cultura della legalità, come condizione imprescindibile per garantire il libero esercizio dell’attività di impresa”.
















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