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Rapporto UniCredit PMI: le imprese della provincia di Reggio Emilia ottimiste, via alla ripresa

Torna l’ottimismo fra gli imprenditori reggiani. E’ quanto emerge dal VI Rapporto UniCredit sulle Piccole Imprese, un’analisi basata sulle interviste dirette ad un campione composto da 250 piccoli imprenditori locali. Ed è proprio la fiducia nel futuro e nella capacità di reazione del sistema produttivo locale a contraddistinguere le Pmi della provincia di Reggio Emilia.

Tanto ottimismo e fiducia, quindi, sostenuta dall’esperienza e dalla forza del sistema produttivo locale e nonostante la crisi abbia decisamente rallentato investimenti ed esportazioni.

L’analisi condotta nel Rapporto si sviluppa lungo tre filoni: la valorizzazione del territorio, l’internazionalizzazione e l’innovazione. Tre aspetti legati fra loro, dai quali dipendono – secondo il rapporto – il futuro e la prosperità del sistema produttivo della provincia di Reggio Emilia, senza dimenticare il supporto – che gli imprenditori reputano irrinunciabile – del sistema finanziario, per evitare il rischio che situazioni di momentanea illiquidità di imprese sane e competitive possano trasformarsi in situazioni di insolvenza.

Tornando alla fiducia la crisi ha soffiato forte sulle imprese del territorio ma nonostante i timori per l’andamento dell’economia reale, per gli imprenditori il peggio sembra ormai alle spalle e l’indice di fiducia a 89: nello specifico, è importante però rilevare che se la fiducia con la quale gli imprenditori guardano ai passati 12 mesi è pari a 69, le previsioni per il prossimo anno raggiungono quota 100, evidenziando un delta di ben 31 punti. In particolare, ciò che spinge in alto la fiducia dei reggiani è l’atteggiamento che hanno in merito ad alcuni temi, quali disponibilità di credito e ricavi (livello dell’indice di fiducia 99), investimenti (97) e occupazione (93). Meno rosea la visione complessiva dell’economia del Paese (52).

“Da parte dei piccoli imprenditori – spiega Zeno Rotondi, Responsabile dell’Ufficio Studi Divisione Retail di UniCredit – emerge comunque la consapevolezza della necessità di un cambiamento strutturale, anche al di là della congiuntura negativa legata alla crisi, per cui si rende necessario azionare tutte le leve competitive disponibili: la qualità è individuata quale strategia competitiva, tanto nel breve quanto nel medio-lungo periodo. Nell’immediato gli imprenditori hanno risposto contenendo i costi, mentre per il futuro mirano a migliorare la commercializzazione”.

E infatti, dal rapporto, emerge la consapevolezza da parte dei piccoli imprenditori di un cambiamento strutturale dei mercati, anche al di là della congiuntura negativa legata alla crisi, per cui si rende necessario azionare tutte le leve competitive disponibili: la qualità è individuata quale strategia competitiva, tanto nel breve quanto nel medio-lungo periodo. Nell’immediato gli imprenditori hanno risposto contenendo i costi, mentre per il futuro mirano a migliorare la commercializzazione.

La crisi, comunque, ha colpito duramente anche nella provincia di Reggio Emilia Tra le cause delle difficoltà sopravvenute nell’ultimo anno il campione regionale e quello reggiano identificano con una percentuale più alta (rispettivamente 76,3% e 71,3%) la responsabilità dell’allungamento dei tempi di pagamento da parte dei clienti e la riduzione delle vendite in Italia (72,3% per l’Emilia Romagna Il tema dell’aumento del costo delle materie prime sembra più sentito nel reggiano (68,8%) rispetto al resto alle altre aree dell’Emilia Romagna (61,8%). Gli imprenditori di Reggio Emilia si dichiarano maggiormente colpiti (59,4%) dalle perdite per investimenti finanziari rispetto ai colleghi del resto della regione (49,4%). Consistente, per l’area di Reggio Emilia, anche la richiesta di rientro dalle linee di fido, identificata come causa di difficoltà sopravvenuta nell’ultimo anno dal 56,9% del campione intervistato. Un dato ben superiore a quello riscontrato sulla regione (39,4%). Meno avrebbe inciso – secondo la risposta locale (16,7%) e regionale (20,7%) – la riduzione delle vendite all’estero.

A proposito di credito. La minore crescita degli impieghi registrata nell’aera reggiana, che il Rapporto mette in evidenza, sarebbe dovuta al congelamento dei piani di investimento oltre che da tensioni nella gestione finanziaria dell’azienda a causa dell’allungamento dei tempi di pagamento da parte dei clienti, del calo delle vendite in Italia, dell’aumento dei costi delle materie prime.

Il settore bancario, comunque, ha saputo sostenere l’economia produttiva, a fronte della debolezza in termini di patrimonializzazione delle aziende. Gli istituti di credito, di fronte alla crisi, hanno saputo dimostrarsi flessibili in termini di valutazione del rischio di credito, quando i modelli di valutazione del merito creditizio ispirati a Basilea II si sono dimostrati prociclici.

“Il nuovo modo di fare banca – afferma Alberto Zappa, Direttore Commerciale Emilia Ovest UniCredit Banca – ripone maggiore attenzione alla relazione con il cliente, a porsi come riferimento stabile sul territorio, a stringere accordi significativi con partner strategici quali Confidi e Associazioni di Categoria, che vengono così a svolgere un importante ruolo di mediazione con le banche rispetto all’accesso al credito delle piccole imprese”.

E, a proposito dell’adeguatezza patrimoniale dell’azienda, nel complesso gli imprenditori dell’area reggiana ritengono la solidità della propria azienda adeguata all’attività svolta. Così risponde il 71,4% del campione intervistato. Una media di poco superiore al valore registrato dal campione a livello regionale (70,8%). L’8,6% degli intervistati tra gli imprenditori della provincia ha dichiarato di avere una solidità patrimoniale più che adeguata e di disporre di più mezzi di quanti l’attività non ne richieda. Dato di poco inferiore a quello regionale che si attesta al 10,3%. Pur ritenendo la patrimonializzazione adeguata all’attività svolta, a livello regionale (37,2%) gli imprenditori sostengono che con un patrimonio maggiore avrebbero nuove opportunità di mercato; a livello locale, invece, il 39,3% dichiara che un patrimonio maggiore non porterebbe all’azienda nuove opportunità di mercato.

















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