Un nuovo “Shakespeare” messo in scena da Teatridithalia dopo Amleto (1993), Sogno di una notte di mezza estate (1997), Il mercante di Venezia (2003) e La tempesta di Shakespeare (2005), quattro titoli di successo tuttora tra i più richiesti del repertorio della compagnia.
Ferdinando Bruni dirige un cast ricco di giovani interpreti, affidando il ruolo di Giulietta a Federica Castellini, attrice venticinquenne, formatasi alla Scuola del Piccolo Teatro e già apprezzata tra gli interpreti del Ventaglio di Ronconi, e quello di Romeo a Nicola Russo, attivo nelle produzioni dell’Elfo sia come interprete (Sogno, Resti umani, Zoo di vetro, Come gocce su pietre roventi, Bottega del Caffè) che come regista (Le muse orfane e La storia dell’oca di Bouchard). Edoardo Ribatto (lo straziante Prior Walter di Angels in America) è Mercuzio. Alla loro prima collaborazione con la Compagnia e non ancora trentenni Alessandro Rugnone (Benvolio), Andrea Fugaro (Tebaldo), Silvio Laviano (Paride), Jacopo Fracasso (paggio). I ruoli cruciali della Balia e di Frate Lorenzo sono affidati a due nomi storici dell’Elfo: Ida Marinelli e Luca Toracca. Accanto a loro Alessandra Antinori (Donna Capuleti), Alberto Mancioppi (Capuleti), Fabiano Fantini (Principe) e Nicola Stravalaci (Montecchi).
«Brucia fino in fondo la tua vita e muori giovane. Questo motto – dice Ferdinando Bruni– che nel corso degli ultimi decenni del secolo scorso ha avuto tanta influenza sulla cultura (e sulla sottocultura) giovanile, alimentato dai miti delle vite spericolate e delle morti premature delle icone del cinema e della musica, da James Dean a Jim Morrison, racchiude in sé due possibili opposti significati: da una parte la fiducia nell’eroismo di una fine sfolgorante, nel pieno del vigore e della bellezza, che allontani per sempre lo spettro noioso della maturità e l’orrore della vecchiaia, dall’altro un avvertimento catastrofico che mette in guardia contro i pericoli di una vita che non vuole compromessi. Uno sguardo giovane quindi che sfida il buon senso in nome della passione e uno sguardo maturo che osserva questa sfida con la trepidazione del disincanto.
Anche in Romeo e Giulietta questo doppio sguardo sembra convivere: da una parte un inno alla giovinezza, alla passione, alla velocità, al pericolo, dall’altra un presagio di rovina, un memento mori. Tutta l’opera riverbera di contrasti, fra buio e luce, notte e giorno, gioia e lutto, balli e funerali, ma il contrasto portante, quello che muove la dinamica delle emozioni, del coinvolgimento di chi assiste fosse anche all’ennesima rappresentazione di Romeo e Giulietta e che la rende sempre tragicamente attuale è quello tra un amore assoluto e un odio altrettanto assoluto, in quanto cieco, in quanto ormai immemore delle ragioni della sua nascita.
Una lunga scia di sangue frutto di faide, di lotte faziose, di scontri politici o religiosi perseguiti con l’ottusa bestialità delle risse fra tifoserie collega la storia tragica dei due amanti di Verona con le vicende sanguinose della nostra epoca, e non c’è bisogno di ambientare la vicenda in Kossovo o in Israele, perché le parole di Shakespeare e la tragica fine dei suoi personaggi non risuonino in noi, perché le lotte fra Capuleti e Montecchi non richiamino alla mente altre lotte molto vicine nel tempo e nello spazio».
Romeo e Giulietta: dall’11 al 14 febbraio 2010 al Teatro Storchi Largo Garibaldi 15 Modena.