Sono tante le lacune del Piano Territoriale Regionale. Sulla gestione del ciclo integrato dei rifiuti, sulle scelte di sviluppo economico, sui sistemi urbani e sul modello regionale di welfare. Dopo vent’anni la Regione ha partorito un topolino, un libro dei sogni a cui nessuno crede, tantomeno i cittadini.
Il Presidente Errani ha dichiarato che attraverso il PTR della Regione Emilia-Romagna si propone di “Aprire una fase di confronto nella società regionale e, per questa via, dare fondamento ad una fase nuova di partecipazione ampia alle scelte.” Ci risulta invece che il cittadino sia costretto a subire le scelte della Regione in modo passivo, un’istituzione lontana dalla gente. Non ci sembra che ci sia il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte dell’amministrazione.
Sempre il Presidente dichiara di voler “Interpretare, per questa via (attraverso il PTR), la grande trasformazione che ha coinvolto la nostra regione in questi ultimi anni, mettendo in valore i tratti migliori della nostra identità.” Temiamo, al contrario, che la Regione non si accorga dei cambiamenti sociali ed economici del nostro territorio. Una Regione lontana dalle aziende, incapace di incentivare la ricerca tecnologica. Una Regione che accoglie migliaia di stranieri pur non essendo in grado di proporre politiche di integrazione adeguate. Una Regione non in grado di fornire alla società strumenti adeguati per competere in realtà sempre più complesse. Una Regione lontana dal mondo del lavoro.
La Regione Emilia-Romagna sembra non essere in grado di proporre un’adeguata programmazione del nostro territorio, una situazione stagnante che si trascina da anni. Mancano adeguati collegamenti, sia infrastrutturali che economici con le regioni vicine. Manca un interscambio di tecnologie. Così come sono evidenti i limiti delle nostre istituzioni regionali e locali nel confronto con gli organi nazionali. Lacune che non fanno altro che acuire i ritardi.
Occorre semplificare e razionalizzare la giurisprudenza regionali. Strumenti che i cittadini faticano ad utilizzare. In Emilia Romagna sono una quarantina gli strumenti urbanistici vigenti che si sovrappongono.
Occorre maggiore integrazione con il governo locale. Una seria collaborazione fra la Regione e le varie istituzioni del paese. Valorizzare le identità e le caratteristiche dei singoli territori.
Le possibilità di sviluppo sono tante: potenziamo le reti viari, i trasporti ferroviari e quelli fluviali: il Po, il principale fiume italiano, in diversi tratti non è ancora navigabile.
La crisi strutturale dei comparti agricolo e industriale richiedono scelte coraggiose, progetti seri di innovazione. Anche attraverso le nostre università.
E’ fondamentale che i cittadini percepiscano le istituzioni vicine, i servizi devono essere adeguati.
Il Piano territoriale è l’atto più rilevante per una regione, il disegno strategico che ne orienterà il percorso dei prossimi anni.
Vogliamo un’Emilia-Romagna all’avanguardia. Le risorse umane ed economiche ci sono. Dobbiamo solo rimboccarci le maniche.
(Fabio Filippi, Vicepresidente Gruppo FI-PDL, Regione Emilia-Romagna)