Domani, mercoledì 27 gennaio alle ore 21 alla Gabella di via Roma, uno dei protagonisti dell’antimafia, il magistrato Giuseppe Ayala, sarà protagonista dell’incontro “Chi ha paura muore ogni giorno”, che racconta l’esperienza di Giovani Falcone e Paolo Borsellino alla guida del Pool antimafia di Palermo.
Giuseppe Ayala, magistrato, è oggi presidente della prima sezione di Corte d’appello del tribunale dell’Aquila. Ha fatto parte per tutti gli anni Ottanta del pool antimafia e ha rappresentato l’accusa nel primo maxi-processo. Entrato in politica, è stato in Parlamento per tre legislature. Ha scritto, col giornalista Felice Cavallaro, La guerra dei giusti: i giudici, la mafia e la politica (1993).
Sono passati quindici anni dalla terribile estate che, con i due attentati di Punta Raisi e di via d’Amelio, segnò forse il momento più drammatico della lotta contro la mafia in Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano due simboli, non solo dell’antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un’onestà senza compromessi. Ma per Giuseppe Ayala, che di entrambi fu grande amico, oltre che collega, i due magistrati siciliani sono anche il ricordo commosso di dieci anni di vita professionale e privata, e un rabbioso e mai sopito rimpianto. Ayala rappresentò in aula la pubblica accusa nel primo maxi-processo, sostenendo le tesi di Falcone e del pool antimafia di fronte ai boss e ai loro avvocati, interrogando i primi pentiti (tra cui Tommaso Buscetta), ottenendo una strepitosa serie di condanne che faranno epoca. E fu vicino ai due magistrati in prima linea quando, dopo questi primi, grandi successi, la reazione degli ambienti politico-mediatici vicini a Cosa Nostra, la diffidenza del Csm e l’indifferenza di molti iniziarono a danneggiarli a isolarli.
Per la prima volta, Ayala racconta la sua verità, non solo su Falcone e Borsellino, che in queste pagine ci vengono restituiti alla loro appassionata e ironica umanità, ma anche su quegli anni, sulle vittorie e i fallimenti della lotta alla mafia, sui ritardi e le complicità dello Stato, sulle colpe e i silenzi di una Sicilia che, forse, non è molto cambiata da allora.
“Lo Stato aveva deciso di fermare se stesso proprio nel momento in cui stava registrando risultati esaltanti. E perché? Perché la mafia ce l’aveva dentro. Si faccia avanti chi è capace di dare una diversa risposta plausibile”.
Un’affermazione da far tremare le vene e i polsi e che fa indignare. Una delle tante affermazioni forti contenute in Chi ha paura muore ogni giorno, l’ultimo libro di Giuseppe Ayala.
Ayala non dimentica i tanti ragazzi e ragazze delle forze dell’ordine che sono morti per difendere con il proprio corpo il corpo di tanti magistrati, che hanno immolato la loro vita per difendere lo stato di diritto e per servire lo Stato. Per tutti usa splendide parole che vanno dritto al cuore.
E poi ci sono tante altre cose ancora da leggere in questo bel libro di Giuseppe Ayala come ad esempio un ampio stralcio della storica requisitoria finale del maxiprocesso che vide proprio Ayala intrattenere tutti con il fiato sospeso con il suo facile eloquio e che concluse come un consumato attore di teatro:“Questo e non altro, signori della Corte, è la Mafia”.
Sempre Giuseppe Ayala sarà protagonista di un incontro con le classi del liceo Ariosto-Spallanzani giovedì 28 gennaio al mattino. Gli appuntamenti di Gabella continuano giovedì 28 gennaio alle 21 con “Autobiografia di una nazione” con Guido Crainz e venerdì 29 gennaio alle 21 sarà la volta del direttore di Famiglia Cristiana Antonio Sciortino.