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Facebook: “Immigrati, scioperiamo”. Sul web il racconto dell”inferno di Rosarno

La Rete a sostegno del dramma degli immigrati di Rosarno. Primo marzo 2010, sciopero degli stranieri. L’invito alla mobilitazione corre sul web e collega la protesta pro-immigrati attraverso un gruppo su Facebook che conta oltre undicimila membri.”Questo gruppo -si legge nella ‘ragione sociale’- si propone di organizzare una grande manifestazione di protesta per far capire all’opinione pubblica italiana quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra societa’.

Questo gruppo nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli. Siamo collegati e ci ispiriamo a La journée sans immigrés: 24h sans nous, il movimento che da qualche mese, in Francia, sta camminando verso lo sciopero degli immigrati per il 1 marzo 2010”. Sempre su Facebook, un’altra pagina.

E un altro gruppo: ‘Gli Africani salveranno Rosarno’, nome mutuato dall’omonimo libro del febbraio 2009, che racconta molto di più di qualsiasi analisi sociologica su mafia, immigrazione, clandestinità e lavoro nero. Qui Judicael Kiswendsida Ouango descrive il suo arrivo in Calabria. “Per me, l’Italia era il Paese della civiltà moderna, delle strade dritte, della scienza, di Michelangelo”, dice Judicael, dove “ciò che vedevo attorno a me non era l’Italia, ma un posto dimenticato da Dio…”.Così il giovane di colore racconta l’inizio della sua storia ‘italiana’: “Il mio primo choc fu dovuto al fatto che il razzismo si svelò a me in tutta la sua crudeltà” a cominciare paradossalmente “da quello dei miei stessi fratelli, dello stesso paese”. Allora, “fui costretto ad andare a Rosarno, dove quando scesi notai che eravamo perlomeno un centinaio di ‘coloured’. Quella notte, d’inverno sotto lo zero, la passai contro la serranda di un negozio”. Scelta ben poco condivisa e approvata dal proprietario, la mattina seguente: “Non capivo nulla di ciò che mi diceva; ma in fondo non ci vuole nulla a capire un viso arrabbiato e poi un paio di calci mi aiutarono” a capire e ad alzarsi.

 “Mi avviai verso il nulla” e già “il sogno italiano si stava infrangendo nel modo peggiore”. Judicael si avvia allora alla sua nuova ‘dimora’: “Mai in vita mia avrei pensato che potesse esistere un posto simile: una vecchia fabbrica in disuso, a cielo aperto, con una miriade di persone di colore diverso e tanti cartoni a terra che dopo seppi che fungevano da letti. Fuochi si accendevano un po’ ovunque, gente che russava, che mangiava, che si muoveva di pochi metri per fare i bisogni. Per evitare il tanfo, mi diressi verso l’uscita della fabbrica” ma gli gridano subito: “Dove vai? Sei pazzo?”.Infatti, “c’erano bande di ragazzini bianchi armati di spranghe pronti a ‘sfacciare’ tutti quelli che si sarebbero avventurati per strada dopo le sette di sera”. La mattina dopo, Judicael trova con altri sei immigrati “una casa abbandonata in mezzo a un campo di arance”. Ma “verso l’una, la stanza chiusa da una semplice coperta fu attraversata da un paio di proiettili: ci avevano appena sparato”.

Rosarno, Italia.”Gli Africani salveranno Rosarno”: si chiama così il gruppo ospitato su Facebook che si autodefinisce come “Osservatorio invernale sulla raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro”. Lo scopo dichiarato è di “mantenere alta l’attenzione, contrastare ogni forma di razzismo, informare correttamente, sfatare i luoghi comuni sul fenomeno dell’immigrazione, promuovere percorsi di integrazione”.Il logo scelto dal gruppo è una ‘rivisitazione’ del celebre quadro di Pellizza da Volpedo, “Il Quarto Stato”, con i proletari, contadini e operai, che avanzano sullo sfondo di un agrumeto calabrese. Il titolo è identico al volume curato da Antonello Mangano – “Gli Africani salveranno Rosarno”, sottotitolo “E, probabilmente, anche l’Italia” – edito da Terrelibere.org nel febbraio 2009 e dunque quasi un anno prima dello scoppio della rivolta nella cittadina calabrese.

“Non c’è un posto in Italia, come Rosarno, che riassuma i drammi e le contraddizioni della nostra epoca – si legge nella presentazione – Dall’economia globale a quella criminale, dalla mafia alle migrazioni, il libro analizza l’aspetto socio-economico (lavoratori marginali inseriti in un contesto mafioso moderno e arcaico), quello giuridico (come le leggi razziste producono marginalità fino al lavoro servile), storico (dall’occupazione delle terre fino alle lotte di massa contro la mafia) e geopolitico (le grandi migrazioni dall’Africa all’Europa)”.

Fonte Adnkronos

















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