Fino al 28 novembre è possibile visitare a Reggio Emilia nella saletta Esposizioni della biblioteca Panizzi di via Farini, negli orari di apertura della biblioteca, la mostra “Libri proibiti Stampa e censura nel Cinquecento”.
Curata da Maurizio Festanti, l’esposizione si articola in sei sezioni (Gli strumenti del controllo; Autori all’indice; La letteratura al bando; I libri ebraici; Le immagini negate; L’Inquisizione a Reggio Emilia) e comprende una serie di opere, selezionate tra le oltre seimila edizioni del Cinquecento conservate nel ricco patrimonio della Biblioteca Panizzi, che documentano nel modo più diretto l’impatto che la censura ecclesiastica ha esercitato nei confronti della stampa nel secolo della Controriforma.
Oltre alle opere di autori condannati per eresia, ai volumi di astrologia e di magia e ai libri ebraici come la Torà e il Talmud, cadono sotto il ferreo controllo delle autorità ecclesiastiche anche i capolavori della letteratura, alcuni dei quali sono soggetti ad una “espurgazione” di quelle parti considerate contrarie alla morale o alla dottrina.
Il Canzoniere del Petrarca è storicamente il primo caso di “rifacimento” di un’opera letteraria: già nel 1536 infatti il frate minore Girolamo Malipiero pubblica una riscrittura dei sonetti e delle canzoni petrarcheschi sotto il titolo di Petrarcha spirituale.
Uno degli episodi più celebri di riscrittura è quello relativo al Decameron di Boccaccio, “emendato” una prima volta nel 1573 dal monaco benedettino Vincenzo Borghini sulla base delle direttive romane. Il grande poema dell’Ariosto fece invece molto discutere i censori che insistettero a lungo sull’argomento della sua licenziosità morale. Roberto Bellarmino ad esempio suggerirà che il Furioso, letto e cantato ovunque “non sine magno detrimento”, fosse inserito nell’indice, come effettivamente avvenne alla fine del secolo in un indice portoghese. Il commissario generale del Sant’Uffizio romano Michele Ghislieri nel 1557 in una lettera scritta all’inquisitore di Genova esprime invece l’opinione che “col prohibire Orlando, Orlandino, Cento Novelle et simili altri libri” si esporrebbero al ridicolo “perché simili libri non si leggono come cose a qual si habbi a credere, ma come fabule”.
La Gerusalemme Conquistata è uno dei documenti letterari più significativi del clima culturale che viene ad instaurarsi nell’età della Controriforma. Il Tasso è indotto a effettuare una completa riscrittura della Gerusalemme Liberata non solo da preoccupazioni estetiche, ma anche da scrupoli religiosi, gli stessi che lo avevano spinto ad autodenunciarsi come eretico al tribunale dell’Inquisizione di Bologna, con la speranza di ottenere certezze riguardo alla conformità del suo poema. Il poeta lavorò alla revisione fra il 1582 e il 1593, espungendo numerose ottave della Liberata per accentuarne l’intonazione eroica e per rivederne le allegorie in senso compiutamente cristiano (“percioché l’allegoria è anzi gentile che no; ed io ne vo ricavando alcuna più accomodata a la nostra religione”).
E’ possibile visionare molte delle opere esposte presso il sito Internet della Biblioteca Panizzi, all’indirizzo: http://www.bibliotecapanizzi.it