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Crisi, Cigarini Legacoop Reggio: servono nuove strategie

Io sono tra quelli, tanti, che ancora si appassionano per la politica con la P maiuscola. Una politica capace di analizzare i nuovi scenari e capire le nuove sfide economiche, sociali, valoriali che la crisi e la sua profondità strutturale propone: una politica che discute dei problemi, dei contenuti e degli obiettivi per affrontare questa nuova fase storica, nel Paese come per il nostro territorio.

Avverto tutta l’urgenza di una riflessione strategica che ci consenta di accompagnare il nostro territorio, con le sue eccellenze, ma anche le sue criticità, attraverso la crisi e verso una nuova fase di crescita qualitativa. Di questo oggi il Paese, e Reggio Emilia, ha bisogno: di guardare in faccia la crisi per affrontarla e poter credere ancora nello sviluppo, di sentire ancora un fremito di passione davanti alle cose da fare, di saper selezionare le discussioni utili da quelle inutili.
La crisi finanziaria ed economica che stiamo attraversando porta con sè un carico di minacce e di opportunità per il sistema delle imprese. La crisi produce cambiamento e selezione e non sempre, se non governati, i processi che si determinano portano ad un mercato più concorrenziale, più trasparente, efficiente, innovativo e rispettoso delle norme di legge. In alcuni casi la “moneta cattiva” può scacciare “la moneta buona”. Fuor di metafora: l’economia assistita, marginale, illegale o scarsamente innovativa può creare difficoltà all’economia della efficienza degli investimenti, della modernizzazione dei processi. Le minacce per il sistema delle imprese reggiane sono reali: riduzione del credito per le piccole imprese, crisi dei consumi e contrazione delle vendite, riduzione dell’occupazione, ulteriore precarizzazione del lavoro precario e crescita di cassa integrazione e mobilità. In questo contesto sono sempre le fasce sociali più deboli ad essere colpite: il lavoro precario, il lavoro dipendente, l’occupazione femminile e le piccole imprese scarsamente capitalizzate e autosufficienti.

Ma con la crisi si determinano anche delle opportunità. La prima è quella di mettere mano ad un sistema industriale e dei servizi solido ma con evidenti punti di debolezza: l’estrema parcellizzazione delle attività produttive, la scarsa propensione alla innovazione e alla creazione di saperi e servizi avanzati. Da qui la sfida per le imprese e le forze sociali: una crescita dimensionale, delle imprese attraverso unificazioni, integrazioni, acquisizioni o messa in rete di servizi strategici (acquisti, sistemi informatici, logistica commerciale), investimenti per alzare la soglia della efficienza e delle produttività, un più forte orientamento alla innovazione e alla ricerca, una maggiore integrazione dei sistemi formativi e delle eccellenze dei saperi. Per un territorio come il nostro la crisi può essere la “levatrice” di nuovi inizi e di nuovi successi. Tutto ciò può essere possibile se alle scelte delle imprese si accompagneranno gli interventi delle istituzioni per rafforzare la dotazione di capitale sociale: infrastrutture, reti informative, cultura e valorizzazione del territorio, mobilità e sicurezza sociale e delle persone. Interventi selettivi, forti e di carattere strutturale; tutto ciò che manca, oggi, negli indirizzi di politica economica del Governo, orientati a tamponare un disagio sociale senza creare le premesse strutturali di una nuova ripartenza della crescita e di uno sviluppo qualitativo.
Mi rendo conto che trasformare la crisi in un’opportunità per il nostro territorio è un’impresa complessa e difficile. Difficile ma non impossibile. Occorre continuare a nutrire ragionevoli speranze sulla capacità di reazione del nostro sistema economico-sociale e istituzionale. E’ necessario concentrarsi nel muovere tre leve fondamentali per una ripresa qualitativa della crescita: la finanza, gli investimenti, l’innovazione e i servizi. Tutto ciò evoca l’esigenza di fare sistema, di coordinare gli impegni istituzionali e delle singole forze sociali e produttive. Se è comune la convinzione che siamo di fronte ad una “nuova fase” dell’economia e delle sue criticità allora occorre condividere nuove priorità, per saldare obiettivi di breve periodo con una visione strategica per il nostro territorio.

Il Tavolo delle associazioni imprenditoriali, la cabina di regìa e altri strumenti di relazione utilizzati in questi anni, devono essere rifondati. Oggi occorre subito un “Tavolo per la crisi” e la progettazione di nuove proposte, partecipato dalle imprese, dalle forze sociali, dalle istituzioni e dalle banche. Uno strumento nuovo per monitorare le criticità imprenditoriali economiche e sociali;per progettare proposte di “pronto intervento”; per progettare il futuro del territorio. E questo, vale per tutti noi, associazioni e istituzioni, dobbiamo veramente farlo subito, e non soltanto dirlo. Non vorrei che si facesse come ai tempi delle Guerre Puniche: dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur.
Immediatamente andrebbero portate sul “Tavolo per la crisi” le seguenti emergenze: l’emergenza sociale del precariato; la condizione economica delle fasce socialmente più deboli; l’emergenza mutui e affitti; una politica che agevoli il credito per le piccole imprese e il superamento del “patto di stabilità” per gli enti locali, come condizione per impegnare nuove risorse per investimenti strutturalmente e socialmente utili.

In una congiuntura economica che a Reggio Emilia mette in crisi risultati acquisiti da tanti anni, come la piena occupazione, i rapporti tra le componenti sociali, la distribuzione diffusa di reddito, la tutela dei più deboli, l’apertura alla cultura e alla solidarietà, crediamo che le cooperative siano una risorsa per la tenuta economica e sociale del nostro territorio, un investimento per riavviare i meccanismi dello sviluppo e della qualità sociale. Da sempre ma specialmente ora.
Questa crisi infatti fa emergere con forza la necessità di una economia più concorrenziale, più trasparente e rispettosa delle regole.
Un mercato concorrenziale ma anche caratterizzato da una presenza del Pubblico che fissa le regole perché le imprese siano più rispettose dell’ambiente, della sicurezza sul lavoro, delle dignità dei lavoratori, dei risparmi delle famiglie e del futuro delle nuove generazioni. In poche parole socialmente più responsabili. La cooperazione ha tutto questo nei suoi cromosomi e oggi vi sono tre aspetti che assumono in questo contesto un valore di assoluta modernità. Il primo è il legame con il territorio. Le cooperative non si delocalizzano ma creano valore e valori che restano sul territorio. Il secondo aspetto è rappresentato dal “patrimonio” indivisibile tra i soci che significa investimenti, continuità aziendale e trasmissione di valore e lavoro per le successive generazioni. Infine la cooperazione ha una forma societaria che esalta: l’autodeterminazione, le responsabilità, la partecipazione, la democrazia economica, la capacità, di gestire e dell’intraprendere per se e per gli altri.

Questi sono alcuni degli aspetti che rendono moderne o socialmente utili le cooperative. Ed è anche la ragione che ci può impegnare come cooperative nel rinnovare un “patto sociale e istituzionale” per una nuova fase di sviluppo del nostro territorio. E anche nelle azioni concrete e virtuose l’impegno della cooperazione c’è già: basti pensare al recente accordo che ha visto Banca Reggiana e le istituzioni locali intervenire a favore dei lavoratori della Tecnogas, o al recentissimo Fondo regionale costituito in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna da Unipol Banca e altri istituti bancari, che ha messo a disposizione ingenti risorse per sostenere il sistema delle imprese.

(Ildo Cigarini, presidente di Legacoop Reggio Emilia)

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