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Modena: trapianto di fegato senza trasfusione sangue

Altro grande successo professionale e umano per il Centro di Trapianto Multiviscerale di fegato e di chirurgia epato-bilio-pancreatica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, diretto dal prof. Giorgio Enrico Gerunda, che all’inizio della scorsa settimana ha portato a termine con successo il primo trapianto di fegato su un paziente Testimone di Geova, effettuato a Modena senza ricorrere alla trasfusione di sangue nel rispetto delle convinzioni religiose del paziente.


“Si tratta di un risultato davvero straordinario – ha commentato all’uscita dalla sala operatoria il prof. Giorgio Enrico Gerunda – perché coniuga esigenze terapeutiche con le profonde convinzioni religiose del paziente che non può ricevere trasfusioni di sangue. Da tempo il nostro Policlinico è un punto di riferimento a livello regionale e nazionale per la comunità dei testimoni di Geova in quanto siamo in grado di svolgere un’ampia gamma di interventi senza ricorrere alle trasfusioni. Un trapianto, però, è certamente un intervento caratterizzato da un livello di complessità eccezionale che, quindi, ci presenta problematiche diverse”.



Il trapianto, uno dei pochi finora eseguiti in Italia, è stato effettuato su un paziente di circa cinquantacinque anni che è in buone condizioni. L’intervento è durato sette ore. “In questi casi – ha spiegato Gerunda – esistono protocolli speciali per valutare se il paziente è in grado di subire l’intervento senza trasfusioni. Questi protocolli prendono in considerazione sia le capacità coagulative del paziente che le riserve funzionali del fegato. Se il paziente rientra in un ambito di fattibilità chirurgica, si procede all’inserimento in lista di attesa. Durante la fase che precede il trapianto vengono sempre tenuti in attenta considerazione i valori del sangue (globuli rossi, fattori coagulativi ecc) per valutare il mantenimento dei criteri di operabilità. Durante l’intervento vengono poi poste in atto tutte le procedure previste per il recupero del sangue intraoperatorio con immediata reinfusione in circolo. In questo modo è possibile in tutti i casi risparmiare il consumo del sangue (procedura attuata usualmente in tutti gli interventi chirurgici potenzialmente emorragici) e nel caso specifico evitare in modo assoluto le trasfusioni di sangue diverso da quello del paziente. Il vero problema nel pazienti Testimoni di Geova, non è quindi la possibilità di effettuare un trapianto o comunque un intervento chirurgico senza uso di sangue (cosa non infrequente grazie al recupero ematico intraoperatorio), quanto la necessità di fornire la garanzia di non effettuare trasfusioni prima che venga eseguito l’intervento. Da ciò ne deriva che essenziale è la attenta valutazione delle condizioni cliniche nel corso del tempo di attesa ed il rispetto dei parametri condivisi con la congregazione religiosa ed il credo dei pazienti. Nel caso però il chirurgo e l’anestesista (che ha un ruolo essenziale durante tutto l’intervento per garantire la normalità pressoria del paziente, prima o durante l’intervento) rilevino condizioni rischiose per la vita, evidentemente si dovranno comportare secondo scienza e coscienza, nell’interesse primario di salvaguardare la vita della persona che si è affidata alle loro cure. Attualmente abbiamo altri cinque pazienti testimoni di Geova in lista di attesa e speriamo di poter soddisfare in tutti i casi le loro esigenze di salute e di fede religiosa.”



Con questo trapianto i trapianti di fegato eseguiti dall’inizio dell’anno presso la struttura modenese diretta dal prof. Giorgio Enrico Gerunda raggiunge il numero di 47.

“Le tecniche chirurgiche sono in continua evoluzione – commenta il dottor Stefano Cencetti, direttore generale del Policlinico di Modena – e permettono non solo di migliorare e rendere più sicuri e meno invasivi gli interventi, ma in questo caso, consentono anche di superare ostacoli determinati da convinzioni morali e/o religiose del paziente senza precludergli la possibilità di ricevere tutte le cure e l’assistenza adeguate. Anche questo intervento merita dunque il plauso di tutta l’Azienda ed è un ulteriore passo in direzione di quel disegno che stiamo portando avanti con determinazione verso l’umanizzazione delle cure e della struttura”.
















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