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Reggio E.: Matilde, una mostra ricca di “prime”

Mancano solo due settimane all’inaugurazione di “Matilde e il tesoro dei Canossa, tra castelli e città”, la prima mostra che Reggio Emilia dedica a una delle donne più potenti e influenti del Medioevo e all’eredità culturale che ha lasciato su una regione molto vasta, dalla Pianura Padana alla Toscana, ma che ha avuto il suo epicentro proprio nel territorio reggiano.

E cresce – oltre al lavoro nelle quattro sedi che dal 31 agosto all’11 gennaio ospiteranno ben 215 opere provenienti da tutto il mondo – anche l’attesa per una mostra che si presenta come davvero unica a partire dai tanti “pezzi” che per la prima volta saranno riportati da tutta Italia, ma anche dalla Francia, dalla Germania e dall’Inghilterra, a Reggio Emilia per essere mostrati in un “unicum” in grado di far comprendere l’enorme patrimonio di sculture e di immagini lasciatoci da Matilde di Canossa.

E’ – questa promossa da Provincia, Diocesi e Comune di Reggio Emilia insieme, tra gli altri, a Fondazione Manodori, Sovrintendenza e Camera di commercio – una mostra ricca di “prime” storico-culturali assolutamente di rilievo. “Per la prima volta – spiega il curatore della mostra Arturo Calzona, docente di Storia dell’Arte Medievale all’Università di Parma – dagli Stati Uniti, per la precisione dai musei di Princeton e Brooklyn, arriveranno due pezzi della recinzione presbiteriale della cattedrale, venduti probabilmente agli inizi del Novecento. E per la prima volta i reggiani potranno ammirare i grandi codici miniati di San Prospero, un grosso salterio proveniente da Manchester, due testi miniati da Oxford, l’eccezionale sarcofago di Ruggero I da Napoli, dalla Francia altari portatili di cultura lorenese. Perché uno degli obiettivi di questa mostra è proprio quello di raggruppare cose mai viste in ambito reggiano, ma tutte provenienti o legate alle storia di questo territorio, riunire per la prima volta tutti quei pezzi erratici, sparsi in chiese e musei diocesani, per comprendere il patrimonio di scultore e di immagini di Matilde e di Canossa”.

“Il vero tesoro di Matilde – aggiunge il professor Massimo Mussini, uno degli esperti a livello internazionale in storia dell’Arte Medievale che formano il prestigioso Comitato scientifico della mostra – al di là delle corone, delle suppellettili religiose, dei calici e delle lampade d’oro fatte fondere dalla Contessa per sostenere il Papa nella guerra contro l’imperatore Enrico IV, consiste proprio nei possedimenti territoriali di Matilde, che da Canossa, la Pianura padana e la Toscana si estendevano fino all’Alsazia e alla Lorena. Un tesoro – peraltro assai poco conosciuto da parte del grande pubblico, formato da castelli, monasteri, xenodochi, ponti e strade, dalla cattedrale e dalle chiese cittadine – fondamentale anche per comprendere l’importantissimo ruolo ricoperto dal territorio reggiano in questo momento della storia del nostro continente in cui, proprio grazie a Matilde, si può ben dire che nacque l’idea della moderna Europa, intesa non come un territorio diviso in mille stati”.

La mostra “Matilde e il tesoro dei Canossa, tra castelli e città” si terrà dal 31 agosto 2008 all’11 gennaio 2009, a Reggio Emilia- nelle tre sedi di Palazzo Magnani, del Museo Diocesano e dei Musei Civici – e al Museo Campanini di Canossa, ed è promossa dalla Provincia di Reggio Emilia, dalla Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, dal Comune di Reggio Emilia, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia “Pietro Manodori”, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici per le Province di Modena e Reggio Emilia, dall’Università degli Studi di Parma, dalla Camera di Commercio di Reggio Emilia, dalla Comunità Montana dell’Appennino Reggiano, da Matilde di Canossa spa, col patrocinio della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, dal Ministero per i Beni e le attività culturali, dalla Rappresentanza a Milano della Commissione Europea, dalla Regione Emilia Romagna, dall’Università degli Studi di Parma.

















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