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Documento degli Atenei dell’Emilia-Romagna riuniti in seduta congiunta

Gli atenei dell’Emilia-Romagna riuniti a Bologna in seduta congiunta portano all’attenzione del Governo, del Parlamento e dell’opinione pubblica l’altissima preoccupazione per gli effetti previsti dal decreto 112/2008 in discussione in Parlamento.

Noi non comprendiamo perché da qualche anno l’università venga considerata diversa rispetto al mondo della ricerca. L’università italiana è la sede primaria della ricerca non soltanto perché così vuole la legge, ma soprattutto perché questo corrisponde ad un dato di fatto, giacchè la grande maggioranza della ricerca scientifica nazionale è frutto del lavoro delle università.
Si tratta, per altro, di ricerca di qualità, come è testimoniato dai confronti internazionali sulla produttività scientifica dei nostri ambienti di ricerca e dai riconoscimenti dei valutatori stranieri. Tagli di bilancio così radicali come quelli previsti potrebbero produrre effetti disastrosi sulla nostra collocazione internazionale, sull’accesso dei giovani al mondo della ricerca, sulla fuoruscita in massa dei nostri migliori talenti, sulle condizioni stesse per uscire dalla crisi in cui si trova il Paese.
Ci sono limiti al di là dei quali la riduzione delle risorse disponibili generano soltanto la sensazione di un risparmio: ma di sola sensazione si tratta, se ciò che rimane non è in grado di assicurare la gestibilità e l’efficacia minima dell’intero sistema. Questa è la condizione che si dovrebbe prevedere dal 2010 in avanti.
Da quel momento non ci saranno più università virtuose poiché la forte riduzione del FFO a fronte di un incremento continuo della spesa per il personale porterà i bilanci di tutti gli atenei a varcare il limite del 90%. Paradossalmente la riduzione del FFO dovrebbe essere accompagnata da una riduzione della contribuzione studentesca.

Il contributo che in questi ultimi anni le università sono state chiamate a fornire al risanamento dei conti pubblici è stato rilevante: riduzione dei fondi PRIN, sostegno all’Alitalia, contratto degli autotrasportatori e soprattutto l’assorbimento, totale o parziale, del maggior costo annuo del personale che ha letteralmente messo in ginocchio i bilanci universitari. Sorprende la penalizzazione del trattamento economico del personale universitario che diviene insostenibile per il personale tecnico-amministrativo e per i ricercatori.
Ci siamo resi conto, ad esempio, che l’avere adottato una decisione così opportuna, in linea di principio, come quella dell’aumento delle borse per i dottorati di ricerca, senza avere calcolato che le risorse aggiuntive previste erano largamente insufficienti a sostenerla potrebbe dar luogo all’effetto contrario per l’impossibilità delle università di farvi fronte?
La questione del finanziamento del sistema universitario nazionale va affrontato sì con decisione ma anche con chiarezza di prospettive, di indicazioni politiche e di valutazioni sul ruolo che il nostro Paese intende giocare sulla scena internazionale. Essa va affrontata con l’obiettivo della riqualificazione della spesa degli atenei e non al solo scopo di costituire comunque e indiscriminatamente risorse da apportare all’alleggerimento del bilancio nazionale.
In questi ultimi tempi molti atenei hanno bilanciato l’incremento dei costi con interventi di contrazione del turn-over. Ora i risparmi della fortissima contrazione prevista verranno sottratti ai bilanci universitari, la cui composizione diventerà una impresa impossibile.
Nessuno nega che nel sistema universitario italiano vi siano spazi per ridurre gli sprechi. Le Università dell’Emilia-Romagna, in questi ultimi 10 anni, hanno responsabilmente affrontato questo problema e nel contempo hanno iniziato un’intensa attività a sostegno dell’innovazione e dello sviluppo territoriale, avviando processi che potrebbero essere lesi da questo quadro di restrizioni. Appare inoltre evidente che le università dell’Emilia-Romagna, che sono tra le più attrattive di tutto il Paese e che si sono segnalate per la qualità della loro offerta didattica e della ricerca scientifica, potrebbero venire profondamente segnate da tagli indiscriminati, che necessariamente porteranno a dover ridefinire il costo d’accesso alle università per gli studenti e per i servizi educativi.
Il risparmio va coniugato con la riqualificazione della spesa e gli interventi non possono colpire indiscriminatamente, senza alcuna attenzione cioè a chi ha gestito in questi anni le proprie risorse in modo responsabile.

Noi proponiamo che le riduzioni del FFO previste dal comma 13 dell’art. 66 siano destinate al conseguimento degli obiettivi di cui all’art. 2, comma 429 della L. 244/2007:
– elevare la qualità globale del sistema universitario e il livello di efficienza degli atenei
– rafforzare i meccanismi di incentivazione per un uso appropriato ed efficace delle risorse, con contenimento dei costi di personale a vantaggio della ricerca e della didattica
– accelerare il riequilibrio tra gli atenei
Al di là di queste proposte occorre prendere la strada di un vero patto di sviluppo e di riequilibrio tra Governo e sistema universitario. E’ un patto che dovrebbe essere discusso nell’ambito Stato-Regione. In un periodo compreso tra 3 e 5 anni, si può offrire agli atenei più in difficoltà la possibilità di riallinearsi, e agli atenei oggi più solidi l’opportunità di mantenere e sviluppare i loro punti di forza. E’ possibile farlo, il sistema non può più vivere senza un patto virtuoso del genere. Distribuendo lo sforzo di cambiamento lungo un periodo di pochi anni, è possibile fissare per gli atenei impegni precisi, monitorabili e individualizzati di riequilibrio e di sviluppo.
Il nostro Paese ha bisogno da tempo di un programma nazionale che punti a sostenere il ruolo sociale dell’università e il collegamento tra università e società e a integrare in un unico quadro i punti forti dello sviluppo di un paese avanzato: l’educazione, la ricerca e il trasferimento della conoscenza.
Proponiamo al Governo, in primis al Ministro per l’Università, l’apertura urgente di un tavolo nazionale di discussione e di progettazione degli interventi, in accordo e con la collaborazione con la CRUI. Abbiamo accolto con fiducia l’intervento del Ministro di venerdì e della volontà espressa di aprire un tavolo di consultazione con CRUI, CUN e CNSU su cinque grandi missioni tra cui premiare le università “virtuose” in termini di qualità della ricerca e della didattica.
Chiediamo sia riconosciuta al sistema universitario la possibilità di andare oltre la giusta protesta per i tagli di bilancio, per individuare le misure concrete di sviluppo e di riequilibrio.
Non ci sembra lungimirante deprimere irreversibilmente ciò che necessariamente saremo chiamati a ricostruire dalle fondamenta.
Lo sviluppo del Paese dipende largamente dalla crescita delle attività ad alta tecnologia e dall’innalzarsi delle capacità di produzione culturale e quindi dall’alta formazione e dalla ricerca avanzata in tutti i campi delle conoscenze. Le esperienze realizzate dalle università dell’Emilia-Romagna, i risultati ottenuti in tema di trasferimento tecnologico e avanzamento culturale, la vastissima rete internazionale di cui i nostri atenei sono parte trainante impongono una responsabilità che va ben oltre le mura delle nostre università. E’ in gioco lo stesso futuro del nostro Paese.

In questo quadro, gli atenei della Regione Emilia-Romagna sono pronti a discutere questa prospettiva di uscita dall’emergenza, progettando insieme quel mix di collaborazione e competizione senza il quale difficilmente si uscirà con successo da questa difficile situazione.
Con questa riunione straordinaria congiunta abbiamo voluto testimoniare il ruolo che il sistema universitario dell’Emilia-Romagna intende, oggi, giocare per il futuro della Regione e del Paese, un ruolo di indispensabile protagonista dello sviluppo che passa attraverso le nostre funzioni: formazione, ricerca e trasferimento della conoscenza.
















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