In provincia di Modena sono ogni anno centinaia i lavoratori (migliaia in tutta Italia), soprattutto precari e immigrati, dipendenti di piccole e medie aziende che, a fronte di situazioni fallimentari o dissesto finanziario, non riescono ad ottenere il pagamento di ciò che legittimamente gli spetta: le ultime retribuzioni, il Tfr, ore di straordinario effettuate, ecc…
E il fenomeno, già di per sé preoccupante, è destinato a crescere poiché è sempre più diffusa la tendenza degli imprenditori, in particolare dei titolari di piccole aziende in difficoltà, a negare i diritti economici ai lavoratori, sapendo di poter rischiare a fronte del cammino lungo e tortuoso che i lavoratori dovrebbero intraprendere per avere giustizia.
I lavoratori che vantano crediti – spesso si tratta di somme non ingenti intorno agli 8-900 euro – si vedono infatti costretti ad aprire vertenze individuali contro i loro datori di lavoro, passando attraverso una trafila che vede prima il tentativo di conciliazione presso la Dpl, fallito il quale, si deve adire il giudice del lavoro.
Ma questo significa dover affrontare i costi per l’avvocato e tempi della giustizia non proprio celeri (anche 2 anni) con l’avvio di due/tre procedimenti giudiziari e il rischio concreto (specie se il Tribunale, pur riconoscendo il credito del lavoratore, decide la compensazione delle spese) di dover sostenere costi pari (se non superiori) al credito vantato. Senza contare che tali procedimenti non fanno che intasare ulteriormente l’attività giudiziaria.
Di questo fenomeno – del diritto negato alla retribuzione e della domanda di giustizia sociale da parte dei lavoratori – si discute nell’incontro-dibattitto “Una giustizia certa per i lavoratori” di domani – mercoledì 11 giugno – promosso dalla CGIL di Modena presso la propria sede in piazza Cittadella 36, alle ore 15.
Sono invitati a discuterne, insieme al segretario generale della CGIL Donato Pivanti, Michele Gentile dell’ufficio giuridico nazionale CGIL, Claudio Treves del Dipartimento Lavoro CGIL nazionale, Donatella Donati giudice del Tribunale di Modena, Gianpaolo Storchi docente di Diritto Costituzionale dell’Università di Mo-Re, l’onorevole Ivano Miglioli della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Massimo Mezzetti consigliere regionale Sinistra Democratica, gli avvocati Ernesto Giliani e Fabrizio Fiorini.
La CGIL, da un lato, denuncia gli effetti distorsivi di questo problema, a cominciare dai diritti negati dei lavoratori, dagli effetti anche dirompenti sulle condizioni di vita delle fasce più deboli, giovani lavoratori precari o immigrati, che per i loro progetti fanno affidamento su queste cifre economiche, seppur modeste. Il rischio è quello di diffusi sentimenti di frustrazione e disillusione verso la giustizia, oltre che del venire meno delle condizioni di democrazia e uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
D’altro canto, il Sindacato avanza alcune proposte, per attutire gli effetti della legge fallimentare modificata dal precedente governo Berlusconi, che insieme alla successiva circolare applicativa Inps, ha reso ancor più difficile il recupero delle competenze non retribuite.
Un punto di partenza importante sarebbe istituire per legge l’obbligo per il datore di lavoro della consegna della busta paga, anche se non retribuita, per evitare un primo procedimento giudiziario volto ad accertare il titolo del lavoratore, con risparmio di denaro per il lavoratore e meno cause nei Tribunali. Importante anche la proposta del giurista Giovanni Alleva di costituire un percorso ad hoc per i lavoratori al di fuori della legge fallimentare (che oggi molto probabilmente non è modificabile).