Importante scoperta dei ricercatori del Policlinico di Modena sull’utilizzo delle cellule staminali nella cura dell’osteogenesi imperfetta severa, una patologia congenita che colpisce i bambini, indebolendo le ossa, sino a portare la morte.
“L’osteogenesi imperfetta è un disordine generalizzato del tessuto connettivo che ha cause genetiche – spiega il professor Paolo Paolucci, Direttore del Dipartimento Integrato Materno Infantile e coautore del lavoro – Essa colpisce circa 1 bambino su 20.000 con diverse forme, alcune letali già dal primo anno di vita, altre meno gravi ma comunque invalidanti perché possono lasciare fragilità ossea, deformità scheletriche, bassa statura, sordità, sclere blu, cioè la patologia a causa della quale la sclera – cioè la parte bianca dell’occhio – è blu. A parte l’uso di cellule staminali emopoietiche, non esiste una cura dell’osteogenesi imperfetta, salvo la riabilitazione fisica e il ricorso a trattamenti ortopedici. Per questo la ricerca modenese è di grande interesse e può dare una speranza a tante famiglie”.
Lo studio modenese, portato avanti dal Dipartimento Integrato di Oncologia ed Ematologia e dal Dipartimento Integrato Materno – Infantile ha consentito di “scoprire la modalità con la quale le cellule staminali del midollo osseo siano in grado di rigenerare il tessuto osseo dopo trapianto. In particolare si è scoperto dove le cellule staminali si localizzano ed in che modo sono in grado di creare osso” come spiega il dottor Massimo Dominici, ricercatore universitario della Divisione di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e co-responsabile del progetto di ricerca.
L’importanza dello studio modenese è stata colta dalla prestigiosa rivista internazionale Blood che lo ha pubblicato nella sua ultima uscita (15 aprile) corredandolo con l’editoriale redatto da Susie Nilsson, una nota ricercatrice australiana nel settore delle staminali per la rigenerazione ossea.
“La ricerca – prosegue il dottor Dominici – è nata dalla necessità di comprendere come in pazienti pediatrici affetti da osteogenesi imperfetta, l’impianto di cellule staminali del midollo abbia un’efficacia limitata nel tempo. Queste cellule, infatti, sono in grado di curare subito la malattia diventando però poi inefficaci nel controbilanciare la progressione del quadro clinico”.
Dal 2003 il Policlinico di Modena ha iniziato questo progetto di ricerca in collaborazione con il professor Edwin Horwitz, prima al St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis ora al Children’s Hospital of Philadelphia presso l’University of Pennsylvania, Philadelphia, il più importante ospedale pediatrico degli Stati Uniti.
“L’importanza di questo studio – spiega il professor PierFranco Conte, direttore del Dipartimento Integrato di Oncologia ed Ematologia e anch’esso co-autore dell’articolo – risiede nel fatto che sino ad oggi la dinamica con la quale la rigenerazione ossea ha luogo e quale è l’effettiva durata di questo evento non erano chiari. Nello studio, durato per 3 anni circa, gli autori hanno trapiantato cellule staminali in una cavia (modello murino) andando a valutare in tempi diversi come e dove le cellule si localizzavano. Gli autori hanno scoperto come la rigenerazione ossea sia molto rapida e sia seguita da un’effettiva creazione di osso neoformato andando poi a definirne i limiti temporali nei quali essa ha luogo e quanto perduri”.
La sperimentazione pre-clinica viene eseguita a Modena, presso il nuovo Stabulario dell’Università (ristrutturato grazie ad una donazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena), mentre le fasi cliniche per valutare l’efficacia delle cellule staminali per la rigenerazione ossea, è eseguita a Philadelphia in stretta collaborazione con i professionisti modenesi che fanno la spola tra le due sponde dell’Oceano Atlantico.
“Questa interazione – continua il dottor Dominici – consentirà di concludere le fasi cliniche a Philadelphia permettendo anche di trasferire questi risultati per la cura di altre malattie dell’osso quali le metastasi, le malattie autoimmuni e le forme severe di osteoporosi. Grazie alla creazione di adeguati laboratori, Modena si gioverà di queste sperimentazioni nei prossimi 2 anni. Ulteriori studi sono in corso per individuare quali saranno le strategie terapeutiche per rendere stabile nel tempo la rigenerazione del tessuto”.
Per effetto del coinvolgimento dei laboratori di varie Istituzioni, lo studio ha consentito uno scambio tra ricercatori dei vari Centri coinvolti consentendo di mettere in pratica un programma di internazionalizzazione che rappresenta uno degli obiettivi strategici dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria sempre più impegnata al raggiungimento di traguardi di eccellenza in campo clinico e sanitario. Allo studio hanno partecipato anche la dr.ssa Valeria Rasini e la dr.ssa Maria Carlotta Spano, giovani ricercatrici modenesi del gruppo di ricerca guidato dal dr. Dominici.
Lo studio è stato supportato a livello nazionale dal Ministero dell’Università e Ricerca, a livello locale dalla Regione Emilia Romagna e dall’ASEOP (Associazione Sostegno Ematologia ed Oncologia Pediatrica).