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Corte di Giustizia: è Parmesan solo se Dop

“Solo i formaggi recanti la denominazione d’origine protetta (Dop) possono essere venduti con la denominazione ‘Parmesan'”. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea di Lussemburgo, che ha però respinto il ricorso per inadempimento contro la Germania perchè il controllo sul rispetto delle normative incombe allo stato membro “da cui proviene la Dop medesima”, cioè, in questo caso, all’Italia.

E’ un risultato importante quello che scaturisce dalla sentenza della Corte di Giustizia europea sulla questione Parmesan, ma è anche un’occasione per insistere con un’azione politica autorevole affinché i marchi comunitari siano riconosciuti multilateralmente in sede WTO e per aprire gli occhi su competenze in materia di controlli per quel che concerne la prevenzione contro imitazioni e contraffazioni.
E’ quanto sostiene la COPAGRI dopo la sentenza della Corte di giustizia europea che impedisce ad un qualsiasi prodotto non DOP di utilizzare riferimenti alla denominazione Parmigiano Reggiano così com’è stato per il Parmesan.
Per la Confederazione Produttori Agricoli non ci si può fermare alla sola questione delle DOP. Occorre cambiare le procedure inerenti le competenze su controlli e repressione che, di fatto, hanno impedito alla Corte Europea di accogliere il ricorso della Commissione contro la Germania. La Corte ha specificato, infatti, che solo il Paese d’origine del prodotto oggetto di tutela può intervenire, mente non sono tenuti a farlo i Paesi dove l’imitazione o la contraffazione si consuma. Ma che Europa unita è questa?
Sul giusto valore conferito dalla Corte alle DOP, invece, la COPAGRI sostiene la necessità che il Governo europeo si faccia promotore di un’autorevole iniziativa affinché il riconoscimento dei marchi comunitari sia finalmente posto all’ordine e venga approvato portando il giusto valore aggiunto alle produzioni che ne detengono i requisiti in un mercato mondiale dove la competizione si gioca più sullo sfruttamento della manodopera che sulla qualità dei prodotti.

L’atteso stop alla vendita sul mercato comunitario del Parmesan non ha trovato impreparata l’industria del falso Made in Italy che ha già fatto arrivare sugli scaffali dei supermercati europei il Pamesello, il Parma, il Rapesan e il Pasgrasan pronti per sostituire la piu’ nota imitazione del Parmigiano Reggiano. E’ quanto denuncia la Coldiretti nel commentare la sentenza della Corte di Giustizia Europea in relazione alla procedura d’infrazione aperta tre anni fa dalla Commissione europea contro la Germania per il mancato rispetto della normativa sulle indicazioni geografiche, e in particolare per l’uso della denominazione “Parmesan” per formaggi prodotti in Germania in violazione del disciplinare del Parmigiano-Reggiano.
La Corte di Giustizia europea – riferisce la Coldiretti – ha riconosciuto la non genericità del termine Parmesan che può essere quindi utilizzato soltanto dai detentori della denominazione di origine Parmigiano Reggiano anche se non ha condannato la Germania in quanto uno Stato Membro secondo la Corte non è tenuto ad intervenire d’ufficio per la protezione della denominazione. Se è dunque positivo lo stop all’uso della denominazione Parmesan per formaggi diversi dal Parmigiano Reggiano preoccupa – sostiene la Coldiretti – il mancato obbligo degli Stati ad intervenire d’ufficio per il rispetto di una normativa comunitaria, che potrebbe danneggiare soprattutto le denominazioni piu’ piccole che per motivi di costo non dispongono di una rete di controllori a livello comunitario.
Questo è ancora piu’ grave alla luce del fatto che la Coldiretti ha già scoperto nuove imitazioni del Parmigiano Reggiano tollerate dagli altri Stati dell’Unione Europea che impongono un immediato intervento da parte delle Istituzioni nazionali. Il “Pamesello italiano”, grattugiato e venduto in confezione tricolore, sembra avere conquistato – sostiene la Coldiretti – un posto di rilievo tra le nuove copie offerte, ma non mancano altri cloni che richiamano al prodotto originale come il “Rapisan” in tubetti ed il “Pasgrasan” o il “Parma” in bustina, che sono andati ad incrementare il “museo dei falsi” di Palazzo Rospigliosi nella sede della Coldiretti.
Il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano sono – rileva la Coldiretti – i due prodotti italiani tipici più imitati nel mondo che diventano Parmesao in Brasile, Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesano in tutto il Sudamerica, Parmeson in Cina o Parmesan dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia fino al Giappone, ma anche “Grana Pardano”, “Grana Padana” o “Grana Padona”. Negli Stati Uniti nove volte su dieci. – sottolinea la Coldiretti – viene venduto falso Parmigiano Reggiano ottenuto sul suolo americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California. Un p rodotto molto diverso dal vero Parmigiano Reggiano che – spiega la Coldiretti – è ottenuto dal latte di 250mila mucche allevate da 4750 aziende agricole in zone delimitate del territorio nazionale e trasformato in 492 caseifici che producono oltre 3,1 milioni di forme all’anno dal peso medio di 38 chili, che devono essere stagionate almeno 12 mesi.
Il Parmesan rappresenta in realtà solo la punta di un iceberg di un mercato internazionale taroccato che inganna il consumatore globale. All’estero – sottolinea la Coldiretti – è falso quasi un prodotto alimentare italiano su quattro con le esportazioni di prodotti alimentari dall’Italia che raggiungono il valore di 17 miliardi di euro mentre il mercato mondiale delle imitazioni di prodotti alimentari Made in Italy vale oltre 50 miliardi di euro. Se negli Usa si vendono salsa e conserva di pomodoro “Contadina“ (Roma style) trasformata in California, provolone del Wisconsin e Mozzarella del Minnesota, in Australia si produce Salsa Bolognese e formaggi Mozzarella, Ricotta, mentre in Cina l’industria locale offre pomodorini di collina, Parmeson, Caciotta (Italian cheese) e addirittura – continua la Coldiretti – Pecorino (Italian cheese), ma con raffigurata sulla confezione una mucca al posto della pecora.
Ma esempi di prodotti alimentari italiani taroccati non mancano nel Vecchio Continente dove la Coldiretti ha scoperto produzioni tedesche di Amaretto Venezia con una bottiglia la cui forma imita scandalosamente l’Amaretto di Saronno, mentre in Spagna si imbottiglia olio di oliva Romulo con disegnata in etichetta la lupa che allatta Romolo e Remo. E se in Portogallo si produce pasta Milaneza e spaghetti napoletana, nei nuovi Paesi aderenti all’Unione Europea come l’Estonia – prosegue la Coldiretti – si vende salsa al basilico Bolognese di origine incerta.
Occorre combattere nell’ambito delle regole sul commercio internazionale nel Wto un inganno globale per i consumatori che causa danni economici e di immagine alla produzione italiana ma la credibilità internazionale si conquista anche – conclude la Coldiretti – anche facendo chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari.

















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