Migliorare le condizioni di vita dei carcerati e offrire loro opportunità di concreto reinserimento sociale al termine della pena. Sono questi gli obiettivi di alcune iniziative messe in campo dall’Amministrazione comunale, presentate oggi dal sindaco Graziano Delrio, insieme al direttore della Casa circondariale di Reggio Emilia Gianluca Candiano, alla responsabile comunale del progetto Alfa Strozzi e a Roberto Macellari dei Musei civici.
“Riteniamo importante questo progetto non solo per i detenuti ma per l’intera città – ha detto Delrio – Investire nel reinserimento sociale significa infatti offrire ai detenuti una prospettiva, investire nel loro futuro e in quello di tutta la società, perché i detenuti che hanno sperimentato percorsi come questo, una volta usciti, possono essere recuperati al vivere sociale. Questo progetto ha dunque un duplice valore: per la cultura e per la sicurezza”.
“Il carcere è come un laboratorio sociale – ha affermato Candiano – un condensato di potenziali conflittualità da gestire e trasformare in esperienze positive. Questo è un esempio di come riconsiderare i detenuti e offrire loro l’opportunità di rimettersi in gioco”.
Utilizzando la cultura e l’arte quali strumenti di integrazione, il Comune di Reggio Emilia ha avviato una serie di progetti che aiutano i detenuti reggiani a recuperare le loro abilità, a sviluppare nuove competenze e a sentirsi parte utile e attiva sia della realtà in cui sono inseriti che della società. Tra questi, corsi di teatro, pittura, scrittura, restauro che da un decennio coinvolgono gli ospiti della Casa circondariale di via Settembrini, migliorandone le condizioni di vita. Le attività, che si avvalgono della collaborazione di numerosi enti di formazione locali, sono accompagnate da occasioni di ‘pubblica restituzione’ come mostre, rappresentazioni, incontri con il territorio. Questi momenti permettono ai detenuti di sentirsi “cellula viva e parte integrante” della società e contribuiscono a sensibilizzare i servizi, il privato, la società esterna affinché si rendano parte attiva nella creazione delle rete territoriale a supporto della realtà carceraria.
Due dei progetti avviati quest’anno saranno al centro nei prossimi giorni di un momento di restituzione e condivisione con la città.
Venerdì 14 dicembre alle 18 al teatro Cavallerizza di viale Allegri un gruppo di detenuti metterà in scena “Un milione d’ali”, spettacolo liberamente ispirato ad Aristotele e Calvino, per la regia di Pino La Monica, dedicato al tema della libertà.
A seguire la proiezione del documentario “Frammenti di vita” realizzato da Nico Guidetti nell’ambito del corso di restauro di reperti archeologici seguito dai detenuti della Casa circondariale reggiana. Al termine, letture di alcuni testi prodotti dai carcerati nel corso di scrittura creativa.br>
Sabato 22 dicembre nell’atrio dei Musei Civici alle ore 11 verrà inaugurata la mostra “La Pulce al museo” che espone alcuni reperti archeologici, patrimonio dei musei cittadini, restaurati da un gruppo di cinque detenuti. Grazie a un corso promosso dal Comune di Reggio con il contributo degli assessorati comunali alla Cultura, ai Diritti della cittadinanza e Pari opportunità, in collaborazione con la Casa Circondariale di Reggio Emilia, alcuni ospiti della Casa di via Settembrini hanno partecipato a un progetto, unico nel suo genere, per la formazione di figure professionali nel campo del restauro archeologico. Uno dei detenuti infatti è stato assunto da una società di scavi archeologici. La mostra sarà accompagnata dal film “Frammenti di Vita” del regista Nico Guidetti.
Il Comune promuove inoltre, in collaborazione con associazioni ed enti di formazione del territorio, percorsi legati a attività e professioni tradizionali, come ad esempio corsi per elettricista (in collaborazione con l’associazione Senza Confini), restauratore (in collaborazione con i Musei e La cremeria), aiuto cuoco, finalizzatI al futuro reinserimento dei detenuti una volta che avranno lasciato il carcere.
L’amministrazione, che in convenzione con Uisp promuove anche l’attività motoria e la pratica sportiva all’interno del carcere, è inoltre presente nella struttura di via Settembrini con un apposito sportello informativo, aperto dal 1998 su proposta della Regione Emilia Romagna, che svolge un’azione di orientamento e informazione per i detenuti italiani e stranieri in relazione ai diritti di tutela giuridica e a percorsi alternativi alla detenzione. Gli operatori aiutano i detenuti anche nella ricerca delle condizioni idonee (lavoro, documentazione, domicilio, ecc.) per usufruire di permessi, di accesso al lavoro esterno e le modalità di accesso ai servizi del territorio. Lo sportello promuovere inoltre la partecipazione alle attività di scolarizzazione e formazione interne all’Istituto di pena e svolge un’azione di mediazione sociale cercando di aiutare i detenuti a comprendere il contesto carcerario, le regole, i vincoli e le opportunità che sono loro concesse.
Per i detenuti stranieri, lo sportello offre un servizio di mediazione culturale, facilitazione e avvicinamento culturale alla propria condizione carceraria e sociale, nonché di decodifica di modelli culturali, atteggiamenti e comportamenti per agevolare i rapporti fra operatori e detenuti.
Un Milione d’ali
“Un milione d’ali” è, prima di tutto, una ricerca, un viaggio verso una città ideale fatta di segni e di sogni: segni che qualcuno lancia perché ci sia sempre dall’altra parte chi è pronto a raccoglierli e sogni che sono “evasione totale” dell’anima contrapposta alla limitata libertà del corpo.
La storia nasce dagli scritti di due autori che hanno fatto del tema dell’evasione la loro ragione di vita: uno antico, classico, greco ed uno contemporaneo, moderno, italiano. Il primo, Aristofane, per evadere dalla sua città, Atene, ormai corrotta ed ingiusta; il secondo, Italo Calvino, per evadere verso città meravigliose e ricche di segni e di sogni.
Due cittadini, Remo e Mario, fuggono dalla loro città perché ormai “le cicale cantano sugli alberi un mese o due, mentre i cittadini cantano, parlano ed urlano ovunque, nelle piazze, nelle strade, nelle scuole, nei tribunali…” Vanno così alla ricerca di una città morbida, più equa, più giusta e si mettono in cerca di Tereo, l’upupa, l’uomo che diventò uccello: lui, credono, potrà indicare loro la via. Ma una volta giunti scoprono amaramente che anch’egli non può essere d’aiuto: la città nuova, quella perfetta non c’è…va costruita. Mario e Remo decidono insieme agli uccelli di costruire quindi una città tra il cielo e la terra, dove gli uccelli sono padroni. L’idea piace subito a Tereo ma la città, appena terminata, è così bella e grandiosa che richiama molti uomini che vogliono abitarla. E ci “vorranno un milione di ali”, dice il viaggiatore Marco Polo, unico giusto tra gli uomini che vi giungono, per permettere agli uomini di vivere lì.
Le “Città invisibili” di Italo Calvino, appunto. Città di sogni, di desideri…città possibili quando ai sogni si danno possibilità. Ma gli uomini arriveranno con i loro difetti, le loro imperfezioni, le loro leggi: “Che gli dèi l’assistano” urla Remo al cielo. Perché la vanità, la superbia e l’orgoglio degli uomini è tale che li rende ciechi, li porta a non vedere ciò che è giusto e ciò che non lo è…le leggi devono essere rispettate perché ci sono, ma mai nessun uomo si è interrogato se siano ancora “leggi giuste”; i valori vanno tramandati perché ci sono stati tramandati, ma nessun uomo si è interrogato se siano ancora valori spendibili nelle città che abitiamo. “Piumazzo”, questo il nome della città, perderà presto, con la presenza degli uomini, la sua perfezione, ma desidera mantenere le fondamenta su cui si poggia: “l’ascolto dei segni che diventano sogni, e sognati due volte diventano bisogni che qualcuno è sempre pronto ad ascoltare. Dare possibilità ai nostri sogni, ali al nostro pensiero.
Attori: Mario Peragine (Mario), Orazio Remo Pezzuto (Remo), Mark Bushi (Upupa, re degli uccelli), Luigi Murano (Servitore), Emiliano Belay (Guardia-uccello), Massimo Cavallo (Guardia-uccello), Emanale Peco James (Venditore di uccelli), Armando Passalacqua (Sacerdote-geometra-malavitoso). Regia di Pino La Monica.
Una Pulce al museo
Il progetto, conclusosi lo scorso giugno, ha coinvolto cinque detenuti in un percorso di formazione per restauratori di beni archeologici. Il corso ha permesso ai detenuti di lavorare fianco a fianco con esperti del settore e apprendere i diversi aspetti del mestiere: dal primo trattamento del materiale ceramico al lavaggio e alla catalogazione dei reperti sino alla musealizzazione ed esposizione al pubblico. Il percorso è stato accompagnato da un’apposita formazione sulla storia e l’archeologia della Reggio romana, sulle caratteristiche dei materiali e sulle tecniche dello scavo archeologico.
L’iniziativa ha preso il via dal territorio, dal patrimonio della città, in particolare dalle collezioni archeologiche dei Musei Civici provenienti da scavi effettuati a Reggio e provincia negli ultimi decenni. La Pulce è infatti la località alla periferia meridionale della città in cui ha sede, oltre alla Casa circondariale di Reggio, anche uno dei maggiori depositi dei Musei Civici, nel quale sono ricoverati i materiali archeologici provenienti da scavi urbani, per lo più risalenti all’età romana. Fra questi oltre 1000 cassette che dal 1978 (anno del ritrovamento) contengono i materiali dello scavo effettuato nell’area della palestra dell’istituto scolastico “Scaruffi”, dove in età romana si sviluppava il principale quartiere industriale della città, in cui si producevano ceramiche.
A differenza di altre iniziative in Italia questo progetto presenta alcune caratteristiche del tutto nuove. “La Pulce al Museo” si è infatti sviluppato totalmente fuori dal carcere. Un gruppo di detenuti è stato autorizzato ad uscire dalle mura della Casa circondariale per seguire l’iter formativo in museo. Il corso ha offerto ai detenuti non solo un importante momento di crescita culturale e di reinserimento nella società, ma anche di condivisione della storia della città che li ospita.
Il progetto è stato promosso dal Comune di Reggio, finanziato dalla Provincia di Reggio Emilia tramite le opportunità offerte dal Fondo sociale europeo, con il contributo del Centro studio e lavoro La Cremeria di Cavriago, il patrocinio della Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna e la collaborazione con due ditte private che operano nel campo del restauro, Gea e Opus restauri.