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Lavoro a chiamata: la Camera stravolge accordo sul Welfare

Ieri la Commissione lavoro della Camera dei Deputati ha approvato, col voto congiunto di parte della maggioranza e della Casa delle libertà, il testo del Decreto Legge sul Welfare che dovrebbe tradurre in legge il contenuto del Protocollo del 23 luglio 2007.


Oltre l’80% di lavoratori e pensionati consultati a Modena ed in Italia e circa il 90% delle lavoratrici e lavoratori del terziario hanno approvato
quel Protocollo per i miglioramenti rispetto agli ammortizzatori sociali e per gli interventi sulla precarietà.

E’ quindi con sconcerto ed incredulità che apprendiamo che nel testo uscito dalla commissione Lavoro del Camera viene reintrodotto il lavoro a chiamata, limitatamente al Turismo e Spettacolo. Sul superamento di questa tipologia lavorativa tutti i firmatari del Protocollo erano in accordo sin
dall’inizio del confronto.
Peraltro non può essere definita neppure una limitazione, in quanto la quasi totalità dei lavoratori a chiamata viene impiegata proprio nel settore turismo (bar, alberghi, ristoranti, mense).
Inoltre alle anime belle che difendono il lavoro a chiamata quale alternativa al lavoro nero va detto, sempre che già non lo sappiano, che il lavoro a chiamata è semplicemente lavoro nero legalizzato. In realtà si tratta di lavoratori occupati l’intera settimana in alberghi, ristoranti e negozi, dei quali si finge l’impiego in una sola giornata, corrispondendo in nero la retribuzione eccedente. Ciò accade anche quando si teme una visita ispettiva, giungendo a casi nei quali il lavoratore risulta occupato
un giorno al mese per 4 ore, pur prestando la propria opera costantemente nella settimana.

Cinque milioni e mezzo di lavoratori e pensionati hanno approvato il Protocollo sul Welfare in assemblee partecipate e tese, sulle quali aleggiava però il fantasma dell’antipolitica, col rigetto di una classe
politica strapagata, autoreferenziata e avulsa dai veri problemi del paese.
Ora apprendiamo che la lobby di Confcommercio, molto attiva in questa fase rispetto al quadro politico, è riuscita a condizionare l’esito del voto in Commissione. Questo nonostante Confcommercio non sia tra i firmatari del
Protocollo del 23 luglio, i cui contenuti avversa al punto di interrompere per questo le trattative per il rinnovo del Contratto del Commercio.
Evidentemente la lobby di Confcommercio conta molto di più di cinque milioni e mezzo di lavoratori.

(Filcams/Cgil Modena)

















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