«Sicuramente mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita hanno avuto i loro rappresentanti che hanno agito sul territorio modenese, ma nonostante questa attività sia durata molti anni, nessuna di queste organizzazioni è riuscita a occupare il territorio». Lo affermano Enzo Ciconte e Bianca La Rocca, due tra i maggiori studiosi italiani della criminalità organizzata, nella loro ricerca sui “Reati di tipo economico nel territorio della provincia di Modena” presentata alla Conferenza delle autonomie locali.
Nel corso dell’incontro i due autori hanno ricordato, tuttavia, una serie di episodi criminali, furti e vandalismi, avvenuti ai danni di negozianti del centro, ma anche la bomba fatta esplodere all’Agenzia delle entrate di Sassuolo, l’accertata presenza nel territorio di affiliati al clan camorristico dei casalesi, intimidazioni i numerosi arresti per estorsioni e truffa: «Tutti elementi che indicano come il territorio della provincia, pur continuando a possedere ottimi anticorpi grazie a un solido tessuto sociale, non sia del tutto indenne da infiltrazioni di criminalità organizzata».
La ricerca, che analizza dieci anni di sentenze e ricostruisce la presenza della criminalità mafiosa a Modena, fa parte del progetto per l’istituzione di una rete provinciale per il monitoraggio e la prevenzione della criminalità economica sviluppato dalla Provincia in collaborazione con il Comune di Modena, gli altri enti locali, le associazioni dei consumatori e con il contributo della Regione. Tra le iniziative già realizzate c’è lo sportello “Sos truffa & C.” rivolto a consumatori e imprese.
«Enti locali, forze dell’ordine, magistratura, associazioni di categoria, sindacati e singoli cittadini – sottolinea Maurizio Guaitoli, assessore provinciale alle Politiche sociali – devono mantenersi in rete e rinsaldare il fronte comune per contrastare la criminalità organizzata sia quella tradizionale legata al traffico di stupefacenti e alla prostituzione, sia quella dei colletti bianchi contro il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. La società modenese si è sviluppata con il lavoro, con l’innovazione, la solidarietà e il rispetto della legalità. Dobbiamo far di tutto – aggiunge Guaitoli – perché questi valori siano preservati anche in un contesto di forte trasformazione sia per quanto riguarda la stessa composizione della nostra società, sia per il contesto internazionale in cui siamo inseriti».
Analizzate 308 sentenze
La ricerca sulla criminalità economica è stata divisa in due parti: nella prima si da conto della presenza mafiosa, nella seconda dei reati economico-commerciali come la truffa, i reati inerenti la falsità dei titoli di credito e gli assegni bancari, l’appropriazione indebita, i reati fallimentari, l’usura e il ricorso abusivo al credito, i marchi e le frode sui marchi, la frode nel commercio e alimentare.
Per descrivere questi fenomeni sono state analizzate 308 sentenze di primo grado emesse nella circoscrizione giudiziaria di Modena e provincia, nel periodo 1996-2006. Per alcune fattispecie di reato sono state prese in considerazione il cento per cento delle fonti disponibili (usura, marchi contraffatti, frode nei marchi, frode nel commercio e frode alimentare), per le altre una significativa campionatura che varia tra il 10 e il 50 per cento.
Ecco l’identikit che emerge degli imputati: otto su dieci sono uomini (tra le vittime, invece, le donne sono il 37 per cento) e l’età della metà è compresa tra i 30 e i 49 anni; nove su dieci sono italiani e il 40 per cento modenesi; la professione dichiarata da quasi il 72 per cento è di imprenditore o commerciante. Gli stranieri sono il 9 per cento e un terzo è stato assolto. Tra le fattispecie di reato, la principale per gli stranieri è l’estorsione (54 per cento) seguita dalla truffa (21 per cento).
Per gli italiani le diverse fattispecie di reato corrispondono anche a diverse provenienze: nelle falsificazioni di titoli, nell’emissione di assegni falsi e nel ricorso al credito abusivo sono i modenesi i principali imputati (64 per cento), così come avviene per le truffe (39 per cento), mentre nell’appropriazione indebita i modenesi (39 per cento) sono preceduti da chi è nato nel nord Italia (45 per cento). Diverso il caso dell’estorsione dove gli imputati vengono prevalentemente dal sud (35 per cento). Nell’usura, invece, modenesi e meridionali sono coinvolti in pari misura (33 per cento).
Oltre la metà delle imputazioni (52 per cento) vede coinvolte più persone in concorso tra di loro; nel 9 per cento dei casi il processo è stato per associazione a delinquere, mai però di stampo mafioso. Il 43 per cento dei processi ha richiesto tra i quattro e i sei anni di tempo, quasi il 22 per cento oltre dieci anni. Si sono conclusi con una condanna il 57 per cento dei procedimenti, ma tre sentenze assolutorie su dieci sono dovute a prescrizione.