In Emilia-Romagna, la rete dei 47 centri per le demenze senili è entrata in contatto con più di 85.000 persone (quasi 51 mila nel solo 2006), circa il 9 % della popolazione regionale di over 65: di queste, 63.000 sono state prese in carico dal sistema. Una percentuale che assume valori ancora più elevati se a questa aggiungiamo i nuclei familiari, poiché la demenza senile (che può avere diverse origini, anche se la causa più frequente è la malattia di Alzheimer) incide pesantemente sul singolo, ma anche sulla famiglia e sulla comunità in generale.
Sono i dati regionali più recenti relativi al problema della demenza senile, su cui si rifletterà in occasione della 14° Giornata Mondiale Alzheimer.
Secondo recenti studi, in Italia i malati di Alzheimer sono circa 520.000 e 80.000 i nuovi casi annui. Le stime per il futuro, considerando l’andamento demografico, nel 2020 prevedono 213.000 nuovi casi di demenza all’anno. La demenza senile può diventare dunque motivo di malattia per l’intero nucleo familiare: l’80% dei malati vive in famiglia e il forte impegno assistenziale spesso è causa di impoverimento ed isolamento sociale da parte di tutto il nucleo.
Con il progetto regionale sulle demenze senili, grazie allo sforzo congiunto della rete dei servizi sanitari, sociali, degli enti locali e al prezioso contributo delle associazioni dei familiari, in Emilia-Romagna si è costruito un sistema di presa in carico globale del malato e di chi di esso si prende cura. Dall’avvio del progetto a fine 2006 sono state oltre 63.000 le persone prese in carico dal sistema (circa il 6,5% della popolazione ultrasessantacinquenne) e circa 230.000 le visite specialistiche effettuate dai consultori per le demenze.
I familiari che hanno partecipato a gruppi di mutuo aiuto e sostegno ed iniziative informative/formative sono stati più di 18.500, mentre le consulenze specialistiche (psicologiche, assistenziali, legali e tecniche per adattamento degli ambienti) sono state circa 42.000.
“La vera innovazione è data dall’avvio del Piano regionale per la non autosufficienza, cui sono state destinate risorse per 311 milioni di euro”, sottolinea l’assessore alle Politiche per la salute Giovanni Bissoni.
“Con il Fondo regionale per la non autosufficienza si è dato avvio alla costruzione del sistema regionale integrato dei servizi sociali e sanitari, una grande opportunità per promuovere un approccio innovativo centrato sui bisogni delle persone e di chi accanto a loro vive e se ne prende cura, ponendoli al centro della progettazione ed attuazione dei servizi. Ciò rappresenta un’occasione storica di miglioramento della qualità dei servizi, anche per le demenze senili”.
Il sistema che si va delineando in Emilia-Romagna potrebbe rappresentare il vero salto di qualità nella vita dell’anziano malato e del familiare che ne prende cura, assicurando la presenza di una rete di servizi su cui poter far affidamento, che accompagni la famiglia senza sostituirsi ad essa, ma rendendo più sostenibile l’intero percorso di cura anche al domicilio. In questa direzione vanno molte delle esperienze significative già sviluppate a livello locale in regione, spesso realizzate grazie al contributo delle associazioni dei familiari, che rappresentano una risorsa preziosa anche sul piano della programmazione territoriale.
“Se pensiamo che esse nascono dall’unione di famiglie che in prima persona vivono o hanno vissuto il dramma di un familiare con demenza, comprendiamo quanto strategico sia il loro ruolo per avvicinarci all’utente finale” osserva l’assessore regionale alla Promozione delle politiche sociali, Anna Maria Dapporto.
Tra le numerose iniziative organizzate dalle associazioni in occasione della 14a giornata mondiale Alzheimer, il convegno “Assistenza ai malati di Alzheimer”, presso l’oratorio di S.Filippo Neri a Bologna, organizzato dall’Arad (Associazione di ricerca e assistenza alle demenze), in occasione del quale verrà siglato un protocollo d’intesa alla presenza dell’assessore Dapporto, tra otto differenti associazioni regionali.
“Spesso più che mancanza di servizi e di iniziative vi è mancanza di comunicazione tra forze sociali – continua la Dapporto -: la messa in rete di risorse positive e la creazione di sinergie costituiscono senza dubbio strumenti per dare continuità e maggiore qualità agli interventi stessi” .