I rapporti eterosessuali sono all’origine del contagio da HIV per il 65% dei nuovi casi registrati a Modena fra il 2005 e il 2006. E’ questo l’elemento più significativo emerso dal nuovo rap-porto dell’Osservatorio provinciale sull’infezione relativo ai dati del 2006.
Nell’anno in esame sono stati notificati all’Osservatorio provinciale sull’infezione da HIV 63 nuovi casi in persone adulte residenti in Provincia di Modena.
Di questi 43 erano di sesso maschile e 20 femminile; l’86% ha contratto l’infezione per via sessuale (sia omo che eterosessuale), ed il 33% è di nazionalità straniera.
Un altro dato particolarmente interessante riguarda l’aumento costante dell’età al momento della segnalazione, che è passata da un’età media per gli uomini di 23 anni nel 1985 a 38 anni nel 2006, e per le donne rispettivamente da 22 a 36 anni.
Nell’ultimo decennio il numero di nuove infezioni è rimasto stabile ma, mentre all’inizio, la trasmissione del virus avveniva principalmente a causa dello scambio di siringhe tra tossicodipendenti, attualmente essa si verifica soprattutto per via sessuale (89% dei casi). In questo contesto, i rapporti eterosessuali fanno la parte del leone rispetto a quelli omosessuali la cui incidenza non è variata nel tempo.
Dalla sua costituzione (1985) al 31/12/2006, l’Osservatorio ha registrato 1.852 nuovi casi persone, di cui il 71% fra i maschi e il 29% fra le femmine. Il maggior numero di casi è stato registrato in pro-vincia di Modena nella seconda metà degli anni ’80 per poi diminuire progressivamente ed assestarsi su circa 60 nuovi casi all’anno nell’ultimo triennio. Riguardo alle modalità di trasmissione, il 50% dei casi totali è rappresentato dallo scambio di siringhe tra i tossicodipendenti, e il 49% e riconducibile a trasmissione sessuale, soprattutto eterosessuale (35%).
L’aumento dell’immigrazione da paesi extra-comunitari ha avuto, anche nel nostro territorio, ripercussioni sull’andamento dell’infezione: si è così osservato un progressivo aumento del numero di notifiche di sieropositività tra gli stranieri (+41% nell’ultimo triennio).
Nella quasi totalità dei casi la trasmissione dell’infezione è avvenuta per contagio sessuale ha interessato in maniera simile uomini e donne; la maggior parte di queste notifiche è stata a carico di pazienti provenienti dall’Africa sub sahariana e dall’Africa meridionale, dove l’infezione da HIV è endemica ed assume livelli di elevata diffusione. Questi dati sono fondamentali per indirizzare in maniera sempre più efficace gli interventi di prevenzione e informazione verso la popolazione migrante, ma non devono dar luogo a interpretazioni allarmistiche infondate che ostacolerebbero il processo di integrazione sociale, internazionalmente riconosciuto come uno dei fattori fondamentali di miglioramento dello stato complessivo di salute e di contrasto delle malattie infettive.
“Questi dati – commenta il dottor Vanni Borghi della Struttura Complessa di Malattie Infettive del dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena – sono fondamentali per indirizzare in maniera sempre più efficace gli interventi di prevenzione e informazione verso la popolazione migrante, ma non devono dar luogo a interpretazioni allarmistiche infondate che ostacolerebbero il processo di integrazione sociale, internazionalmente riconosciuto come uno dei fattori fondamentali di miglioramento dello stato complessivo di salute e di contrasto delle malattie infettive”.
L’Osservatorio modenese raccoglie, inoltre, informazioni cliniche riferite al momento della diagnosi e riguardanti il grado di infezione. Ciò ha permesso di evidenziare come, nel corso del tempo, i casi di malattia conclamata (AIDS) nei pazienti con nuova diagnosi di infezione sia diminuita percentualmente, ma in misura non statisticamente significativa; la percentuale era infatti del 26% nel periodo 1992-1996 contro il 20% nel periodo 2002-06. Allo stesso modo non vi sono differenze significative sul numero di persone con infezione avanzata; si è passati infatti dal quasi 40% del 1992-96 al 33% dell’ultimo periodo.
“Dall’analisi emerge – aggiunge il dottor Borghi – come il rischio di avere un’infezione grave sia maggiore tra gli uomini rispetto alle donne, per età media più avanzate e sia diminuito nell’ultimo periodo. Purtroppo la diagnosi precoce di infezione rimane tuttora insoddisfacente in particolar modo nella popolazione eterosessuale maschile, limitandone le possibilità terapeutiche e favorendo la diffusione dell’infezione. Emerge quindi come sia urgente individuare in modo sempre più precoce le persone che hanno contratto l’infezione da HIV. Come suggerito dalle nuove linee guida dei CDC il test per la diagnosi di infezione da HIV dovrebbe essere offerto gratuitamente a tutte le persone tra i 13 e i 64 anni, oltre che alle donne in gravidanza. Inoltre è utile che le persone con comportamenti a rischio di infezione eseguano questo test almeno una volta all’anno”.
I casi di AIDS conclamato sono monitorati dal Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità e dalla Regione Emilia-Romagna. Nel 2006 sono stati segnalati 14 nuovi casi di AIDS in residenti in provincia di Modena. Il tasso di incidenza relativo al 2006 è stato di 2,1 casi per 100.000 abitanti, valore inferiore a quello osservato per la regione Emilia-Romagna, pari a 2,8 (fonte COA-ISS). Dal 1984 al 2006 i casi di AIDS notificati al centro tra i residenti sono stati 658.
“Il monitoraggio dei casi di AIDS conclamato – ha commentato il dottor Giuliano Carrozzi, del Servizio di Epidemiologia Azienda Sanitaria Locale di Modena – pur importante, non permette da solo di riconoscere con tempestività i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni nelle caratteristiche di diffusione di questa malattia, quali la maggior durata dello stato di infezione pre-AIDS in seguito all’introduzione di nuove terapie ed i cambiamenti nelle modalità principali di trasmissione, che ora avvengono principalmente per via sessuale e non più per scambio di siringhe infette come accadeva fino alla metà degli anni ’90. A livello europeo quindi è stato riconosciuto che lo strumento fondamentale per la lotta all’AIDS è il monitoraggio dell’HIV (cioè la sorveglianza dell’infezione da HIV intesa come stato di sieropositivà). Perciò quasi tutti i Paesi europei hanno attivato sistemi nazionali di sorveglianza dell’infezione.
In provincia di Modena il monitoraggio epidemiologico dell’infezione da HIV è iniziato nel 1985 con la istituzione del Gruppo di Studio e Sorveglianza AIDS della Provincia di Modena. Nel 1996 nacque il “Coordinamento Provinciale AIDS”, presieduto dalla Provincia di Modena e composto da Comuni capo-distretto, Provveditorato agli Studi, Ordine dei Medici, Associazioni di volontariato, Azienda USL e Azienda Policlinico. In quell’occasione venne istituito formalmente l’Osservatorio Provinciale sull’infezione HIV, gestito dalle due Aziende sanitarie, con il compito di stimare i nuovi casi di infezione, rilevare i test per infezione da HIV eseguiti nella provincia di Modena e diffondere le informazioni mediante un apposito Bollettino. L’Osservatorio opera nel completo rispetto della privacy in quanto i dati sono codificati con sistemi riconosciuti a livello internazionale (soundex) che non permettono di risalire all’identità delle persone.
“L’esperienza dell’Osservatorio HIV – ha commentato il dottor Andrea Guerzoni, direttore sanitario dell’Azienda USL – è stata una ricchezza per la nostra provincia non solo informativa, ma soprattutto operativa, in quanto ha sempre orientato le attività di programmazione sanitaria a tutti i livelli, dalla prevenzione all’assistenza. L’infezione da HIV nei vent’anni monitorati ha subito profondi cambiamenti e, sebbene non assuma più i connotati allarmistici dei primi anni ’80, ha caratteristiche tali da non permettere di abbassare la guardia. Alla luce di questi nuovi cambiamenti è necessario quindi continuare l’attenta sorveglianza della malattia e promuovere una sempre più diffusa effettuazione dei test diagnostici da parte della popolazione generale, indipendentemente da età o categorie, ma che tenga conto degli effettivi “comportamenti a rischio”.
Infine il commento del dottor Maurizio Miselli, direttore sanitario del Policlinico: “Va sottolineata la grande importanza che continuano ad avere la prevenzione e la diagnosi precoce della malattia: politiche di prevenzione adeguate hanno come effetto un maggiore controllo sulla diffusione del virus, mentre la diagnosi precoce consente un approccio terapeutico più efficace. La diffusione della cultura della conoscenza che va esteso come dimostrano i dati di insorgenza dell’infezione anche alla popolazione adulta è, soprattutto in tema di HIV, uno strumento indispensabile, insieme ai faticosi progressi scientifici che si possono raggiungere con la ricerca, per migliorare lo stato di salute della nostra co-munità e contenere la diffusione della malattia ”.
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