Sfasamenti stagionali, con autunno caldo e primavera anticipata, ma anche aumento dei fenomeni estremi, con punte di caldo eccessivo e modificazione della distribuzione delle piogge, sono l’espressione di cambiamenti climatici che sconvolgono l’agricoltura italiana con effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio. Così la Coldiretti rimarca l’allarme lanciato dallo studio della Commissione europea sulla situazione climatica e ambientale.
Questi effetti, d’altra parte, sono già evidenti in Italia dove le attuali temperature al di sopra della media stanno ‘confondendo’ la vegetazione con la comparsa anticipata delle fioriture primaverili di primule, mimose e mandorli. Le piante forestali sono già in attività vegetativa ed è evidente per tutti la presenza delle mimose sulla riviera ligure in anticipo sulla festa delle donne dell’otto marzo e dei mandorli in fiore dell’agrigentino mentre le primule sono già comparse sulle colline emiliane.
Si tratta di cambiamenti destinati a produrre conseguenze strutturali sull’attività agricola nazionale dove si assiste ad uno spostamento delle zone tradizionali di coltivazione delle principali colture: gli olivi si sono spostati a ridosso delle Alpi e nella pianura padana si coltivano le arachidi. Ma gli effetti – precisa la Coldiretti – si fanno sentire anche con un maggiore rischio per gelate tardive, l’aumento dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti, la riduzione della riserva nelle falde acquifere e stress idrico delle piante.
I cambiamenti climatici in corso, e in particolare la più elevata frequenza con la quale si manifestano gli eventi estremi, determinano inoltre un sensibile aumento dei rischi erosivi che devono essere considerati non solo come una perdita di terreno, ma anche una delle cause principali di degradazione della fertilità del suolo in quanto determinano una riduzione dell’infiltrazione, della capacità di immagazzinamento dell’acqua e una perdita di elementi nutritivi che si traduce in un habitat meno favorevole alla crescita delle piante ed alla sostenibilità delle attività agricole nel tempo.