Tortellini o passatelli, zuppa imperiale o cappelletti, ma il brodo rigorosamente di cappone. Il primo piatto di Natale sulle tavole emiliano-romagnole, nelle famiglie contadine come in quelle aristocratiche, era preparato con il brodo dei capponi che avevano razzolato nell’aia da prima dell’estate. Un periodo abbastanza lungo per fare carni sode e saporite, troppo lungo per logiche industriali che vogliono i capponi prodotti velocemente, a costi ridotti.
Per Ottavio Natali, di Mezzolara di Budrio (Bo), ingegnere elettronico con la passione della campagna e dei buoni ‘mangiari’ di un tempo, il brodo va fatto con tutti i crismi, a partire da capponi allevati all’aria aperta, con adeguati spazi a disposizione. Ed è così che ha messo su un’azienda agricola, il ‘Podere Casino’ con il cugino Ruggero, dove alleva 1.500 capponi.
”Li facciamo razzolare per almeno otto mesi – spiega – che è il tempo minimo per portare al punto giusto di maturazione un vero cappone ruspante. In questo modo acquista le caratteristiche fondamentali: pelle sottile e poco grasso sottocutaneo, una qualità che oltre al brodo lo rende adatto anche per una cottura alla griglia e in padella”.
Il peso di un buon cappone, secondo Ottavio Natali, non deve essere inferiore ai tre chilogrammi. Per il brodo – dice – è fondamentale utilizzare anche i piedi (che fornisce già puliti come tutto il resto dell’animale), e una cottura in pentola di almeno tre ore e mezza, con tutti gli ‘odori’ classici, sedano, carota, cipolla e un pomodorino intero. Alternativa, meno adatta, ma ugualmente buona, un’ora e mezzo in pentola a pressione.