A settembre, i volontari di Legambiente scenderanno lungo il grande fiume lungo le sponde di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, in otto tappe.
Quattrocentocinquanta chilometri, effettuati via
terra e su imbarcazione, tra escavazioni abusive, inquinamento, rischio idrogeologico e i postumi dell’ennesima estate siccitosa: è questa
‘Operazione Po‘, la campagna targata Legambiente e dedicata al Grande Fiume, per sensibilizzare le autorità rivierasche e denunciare gli abusi subiti da questa via d’acqua.
Dopo la grave crisi idrica che ha caratterizzato l’estate 2006, il Po continua ad essere gravemente malato. La siccità ha infatti messo a nudo tutta la fragilità dell’ecosistema fluviale causata dalle escavazioni in alveo e dell’eccesso di prelievi idrici per scopi irrigui. Le escavazioni in alveo sono illegali, ma i “criminali fluviali” sono sempre all’opera: negli ultimi 50 anni l’alveo del fiume tra Lombardia, Emilia e Veneto ha subito un abbassamento superiore ai 4 metri. Ogni anno si stima vengano illegalmente prelevati quasi 7 milioni di metri cubi di inerti, mentre altri 2 milioni di metri cubi vengono sottratti al fiume dallo sbarramento della diga Enel di Isola Serafini; il risultato è il progressivo abbassamento dell’alveo, che mette a rischio la stabilità di ponti e
argini, favorisce l’erosione delle spiagge dell’Adriatico, rende possibile la risalita dell’acqua di mare nel delta, causa un abbassamento della falda e quindi inaridimento e scomparsa di ambienti umidi preziosi come quelli delle lanche e delle morte. E accentua gli effetti delle siccità, che
sempre più stanno diventando un appuntamento fisso con ogni estate.
Riguardo alla siccità, l’insostenibilità delle pratiche irrigue è sempre più evidente: ‘non vogliamo più assistere allo spettacolo indecente del Po
e dei suoi maggiori affluenti ridotti a putridi colatoi a valle delle grandi opere di derivazione irrigua: non esistono ragioni valide per tirare a secco interi fiumi. L’agricoltura è responsabile della gran parte dei prelievi idrici dai fiumi padani nella stagione estiva, per questo è evidente che il risanamento del bacino del Po comincia dai campi coltivati:
non basta perfezionare le tecniche irrigue, occorre avviare da subito il cambiamento delle colture, in modo da ridurre il loro fabbisogno nei mesi
più aridi’ – spiega Legambiente. Nella poca acqua rimasta ai fiumi la concentrazione di inquinanti è tale che, per lunghi tratti (25,8% del corso), il giudizio di qualità non raggiunge nemmeno la sufficienza, a causa delle carenze nei sistemi di depurazione degli scarichi civili e industriali. Inoltre persiste il problema degli scarichi di origine zootecnica che contribuiscono pesantemente all’eutrofizzazione dell’Adriatico.
‘E’ evidente che i problemi del Po e delle sue terre sono strettamente correlati, per questo è importante rafforzare il ruolo centrale dell’Autorità di Bacino come istituzione di coordinamento di regioni, province, parchi ed enti che, a vario titolo, hanno responsabilità sulle acque, per migliorare la vigilanza, programmare interventi di messa in
sicurezza coerenti con la pianificazione di bacino, avviare programmi di valorizzazione delle risorse naturalistiche, produttive e culturali connesse al fiume. Esiste già una buona base di partenza, il protocollo d’intesa sottoscritto nel 2005 dalle 13 Province rivierasche, ma tutti i livelli istituzionali, a partire dalle Regioni, e le rappresentanze sociali
devono svolgere le azioni che a loro competono.
Per questa ragione i Presidenti regionali di Legambiente Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, alla partenza di ‘Operazione Po, hanno diffuso un ‘decalogo’ di priorità per il grande fiume e, contestualmente, hanno rinnovato la richiesta ai Presidenti di Regione e ai Ministri dell’Ambiente e
dell’Infrastrutture, dell’Agricoltura e dell’Ambiente, già fatta un anno fa, di indizione di una Conferenza Nazionale sul Po. Le dieci regole d’oro “per il futuro del Po” tese ad indirizzare le azioni ad una riassetto
idrogeologico e ambientale del Bacino Padano prevedono:
1) Definizione delle aree di pertinenza fluviale su tutti i fiumi e i torrenti esondati, al fine di evidenziare le aree di inedificabilità assoluta e quelle necessarie per eventuali ricollocazioni sia residenziali che industriali;
2) Aumento di vigilanza e repressione dell’abusivismo (furti di sabbia e ghiaia, scarichi civili, industriaili e zootecnici);
3) Attuazione di opere di riforestazione e miglioramento dell’uso agricolo del suolo;
4) Realizzazione di interventi per impedire il progressivo abbandono del territorio;
5) Condizionamento dei piani strutturali dei comuni a rischio alla difesa del suolo e al riassetto territoriale;
6) sistemazione idraulica dei fiumi (rivedendo e riunificando il sistema di arginatura, impedendo le
escavazioni puramente speculative di ghiaia e sabbia, rendendo più ampie possibili le aree di espansione naturale, anche per incentivare
l’autodepurazione delle acque);
7) Programmazione e progettazione delle
infrastrutture (ponti, strade, ferrovie) tenendo conto del rischio idraulico e ambientale;
8) Intervento sul reticolo idrografico minore
(piccoli e piccolissimi affluenti dei fiumi) eliminando le opere di canalizzazione artificiale dei torrenti e ristabilendo i percorsi naturali;
9) Contributo alla realizzazione della rete ecologica nazionale, creando lungo i corsi d’acqua del bacino del Po, un sistema continuo e articolato
comprendente aree protette, aree di protezione integrata, aree di esondazione e di pertinenza fluviale per avere contestualmente una funzione
di conservazione biologica e di prevenzione idrogeologica;
10) Blocco delle opere per la navigazione fluviale che prevedono una ulteriore cementificazione del fiume. (Infatti sta avanzando un sistema di interventi per la realizzazione del sistema idroviario padano veneto, definito di
preminente interesse nazionale, che oltre ad un’opera pressochè inutile per il sistema italiano dei trasporti, costituirebbe un grave pericolo per
l’assetto del fiume)”.