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Rapporto regionale sul mercato del lavoro 2003

L’aumento dell’occupazione in Emilia-Romagna – particolarmente concentrato sulle province di Parma, Ferrara e Piacenza – รจ stato accompagnato da un sostenuto incremento dell’offerta di lavoro da parte della popolazione, cui hanno contribuito gli immigrati (38.900 in media ogni anno dal ’98 al 2002, di cui il 60% sono soggetti provenienti da altre regioni, il 40% dall’estero), ma soprattutto – come negli anni precedenti – le donne. Le forze di lavoro femminili sono infatti aumentate di 19mila unitร .

La pressione dell’offerta di lavoro delle donne รจ stata tale che il tasso di disoccupazione femminile รจ rimasto sostanzialmente invariato al 4,5%. Invece, per i maschi, l’aumento dell’occupazione (+8000) in eccesso sull’aumento delle forze di lavoro (+5000) riduce il giร  minimo tasso di disoccupazione dal 2,3% del 2002 all’1,9% del 2003.

Entrando nel dettaglio dei settori, in agricoltura continua la riduzione di addetti: nel 2003 il numero di lavoratori impiegati nel comparto si รจ ridotto ulteriormente di 5000 unitร  (-4%).
Aumenta invece l’occupazione nel terziario, ma a ritmo notevolmente inferiore rispetto agli anni scorsi: +1,5% (16mila unitร ) contro il +2,5% che รจ la media del periodo 1998-2003.
Il settore che piรน di tutti incrementa il numero di addetti, anche rispetto agli anni precedenti, รจ invece l’industria: l’aumento รจ del 2,5% (17mila unitร ) contro una media dell’ultimo quinquennio del +1,5%.


Il Rapporto segnala inoltre che nell’ultimo biennio l’aumento dell’occupazione รจ stato maggiore che in quello precedente, contemporaneamente a un andamento del PIL di segno esattamente opposto. Come spiegare questo fenomeno? Varie le risposte possibili, che possono tutte contribuire a spiegare il fenomeno: la prima fa riferimento ad un aumento dell’occupazione dovuto alla recente regolarizzazione degli immigrati (giร  forse al lavoro come irregolari negli anni scorsi) e, dunque, agli effetti positivi di un periodo di crescita economica precedente. Inoltre – seconda ragione – la dinamica dell’occupazione risponde con ritardo alle variazioni dell’attivitร  produttiva e dunque, anche in fase di ripresa, ci sarร  da aspettarsi un non immediato incremento dell’occupazione. Infine, poichรฉ l’incremento dei salari รจ inferiore all’inflazione, il costo del lavoro si รจ abbassato mentre รจ aumentata l’offerta di lavoro da parte delle famiglie sempre piรน impegnate a far “quadrare i bilanci”. Questo puรฒ aver convinto le imprese ad adottare tecnologie produttive a piรน largo impiego di lavoro, anche e soprattutto flessibile.


Nel corso della presentazione, avvenuta oggi l’assessore regionale Mariangela Bastico ha annunciato che รจ in corso di elaborazione un progetto di legge in materia di lavoro che verrร  presto presentato alla discussione delle parti sociali.

Il Rapporto si sofferma ad esaminare i tassi di trasformazione da lavoro atipico a lavoro standard (dipendenti a tempo pieno e indeterminato piรน autonomi a tempo pieno) che sono mediamente piรน elevati che a livello nazionale.

Tra il 2001 e il 2002 gli atipici che sono rimasti tali sono il 37,1% per gli uomini (contro il 45,7% nazionale) e il 60,9% per le donne (62,2% a livello nazionale). I lavoratori atipici che sono diventati standard sono il 39,3% tra gli uomini (37,8% in Italia) e il 23,1% tra le donne (24,6% a livello nazionale). Secondo il Rapporto, questi dati – pur essendo comunque positivi – segnalano che il modello della “flessibilitร  buona”, caratteristico della Regione, comincia a mostrare le prime falle, in particolare per quanto riguarda la componente femminile, piรน implicata nel lavoro atipico di quanto non lo siano gli uomini.
















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