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Fuga dalla città: la sogna il 67% degli italiani

Fuggire dalla città in cui si vive: lo sognano quasi sette italiani su dieci (67%) che vivono in una metropoli. Prigionieri del traffico, dell’inquinamento e della mancanza di spazi di verde, i ”pentiti” della città temono soprattutto per il futuro dei loro bambini a causa dell’inquinamento prodotto dalle auto, del degrado ambientale e dell’eccesso di rumori.

Sono ormai le grandi città il vero nemico per la salute e soprattutto, secondo un italiano su due (49%), sono i bambini i soggetti più a rischio. L’odio per la città e il desiderio di fuggirne sorge mediamente intorno ai 35 anni e cresce col tempo, prevale tra i cittadini delle grandi metropoli del Nord, ma si diffonde sempre più anche al Sud.

E’ quanto emerge da uno studio pubblicato dalla rivista Salute Naturale, che ha intervistato circa 1000 italiani residenti nelle aree
urbane delle dieci più importanti città italiane. Il 67% degli intervistati ha ormai un unico grande sogno, quello di scappare dalla propria città e questo popolo di transfughi metropolitani,
nell’arco dei prossimi 20 anni, potrebbe aumentare a dismisura.

Infatti, secondo la Società Italiana per lo studio della Tosse, negli ultimi dieci anni (1992-2002) il rischio di contrarre bronchiti a causa dell’inquinamento da traffico è raddoppiato, mentre l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stima che da oggi al 2020 i morti da smog in Europa saranno 8 milioni.

Per gli italiani i motivi di questo drastico peggioramento della vita in città sono da ricercare spesso nella mancanza di verde, nell’eccessivo presenza di auto sulle strade delle città per cui circolare in bicicletta significa spesso soltanto peggiorare la situazione respirando i loro gas di scarico. E le amministrazioni pubbliche sembrano non essere in grado di risolvere la situazione.

Ma tutti i cittadini sono pentiti della città?
Lo sono maggiormente gli italiani tra il 45 e i 54 anni (31%) e tra i 35 e 44 anni (28%). A seguire, i più giovani, quelli con un’età compresa tra 25 e 34 anni (20%), che dimostrano comunque una sensibilità al problema in netta crescita. Infine, meno coinvolti dal problema, i giovanissimi tra i 18 e i 24 anni (11%) e gli anziani (10%).
















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