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Operazione “Porta a Porta”: nuova misura cautelare dei carabinieri reggiani

Ulteriori sviluppi nell’indagine “Porta a Porta” condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Reggi Emilia che, nel febbraio di quest’anno, aveva portato ad assicurare alla giustizia 31 truffatori responsabili in tutto il territorio nazionale di oltre un centinaio di truffe commesse ai danni di anziani.

I militari reggiani l’altra mattina, hanno dato esecuzione, a Latina, alla misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un 36enne residente a Napoli indagato nell’ambito dell’inchiesta “Porta a Porta”.

L’odierno provvedimento cautelare riguarda la condotta delittuosa posta in essere dal 36enne il 5.2.2016 allorquando, presentatosi quale esattore presso l’abitazione di una 70enne reggiana, si era fatto consegnare 2.800 euro in contanti. Tale denaro sarebbe stato necessario per la liberazione del figlio: un ignoto complice del 36enne, qualificatosi quale falso Maresciallo dei Carabinieri, aveva precedentemente indotto l’anziana a credere che il familiare fosse trattenuto agli arresti in attesa del pagamento di una cauzione.

L’indagine, condotta dai militari del nucleo investigativo del comando Provinciale di Reggio Emilia, è stata coordinata dalla Dr.ssa Maria Rita PANTANI, sostituto presso la Procura reggiana, titolare dell’inchiesta che portò a individuare e sgominare una vera e propria “società del crimine”, grazie alla meticolosa attività dei carabinieri del nucleo investigativo di Reggio Emilia.

Questi ultimi, anziché limitarsi a focalizzare le attenzioni investigative sui singoli episodi denunciati dalle numerose vittime, hanno deciso di ampliare la sfera d’indagine “fiutando” e “seguendo” tutti gli spostamenti dei truffatori che, con base operativa nell’hinterland partenopeo, si muovevano continuamente in lungo e largo per tutta la penisola.

Le Pagine Bianche erano la loro “Bibbia”: consultando il sito internet www.paginebianche.it avevano cura di trovare nomi “propri” di persona che si usavano generalmente nel ‘900 per avere la certezza di contattare individui della terza età a cui i “telefonisti”, spacciandosi per “Carabinieri”, “Avvocati” o “Agenti di società assicurative”, rappresentavano un falso e grave sinistro stradale in cui era rimasto coinvolto un prossimo congiunto della vittima (solitamente, un figlio o un nipote), richiedendo poi somme di denaro o preziosi per la sua “liberazione” da consegnare ad un “esattore” in zona.

Per essere credibili invitavano anche l’anziano vittima di turno a chiamare il “112” e poi, tenendo la linea telefonica aperta, rispondeva un complice che la vittima credeva essere i Carabinieri. Il secondo interlocutore (spacciandosi per operatore del 112) confermava all’anziano quanto già anticipato nella prima telefonata, avendo però cura di carpire alla vittima più dati sensibili possibili. E’ a questo punto che interveniva il falso avvocato per chiedere il pagamento di una “cauzione”, generalmente di alcune migliaia di euro o preziosi, affinché il parente non patisse conseguenze legali con pene detentive. In questo caso, la telefonata si protraeva proprio al fine di accrescere l’angoscia e la confusione della povera vittima, minacciandola ed inducendola al pagamento a favore di un altro malvivente, l’”esattore” che, indicato dall’avvocato come suo assistente, si presentava all’abitazione dell’anziano per incassare il maltolto. Nel caso la vittima non possedesse i contanti in casa, i truffatori si rendevano addirittura disponibili ad accompagnarla in banca per prelevare le somme che arrivavano anche a superare i 4.000 euro. In un caso – avvenuto in Liguria – i malviventi sono riusciti a farsi consegnare “gioielli” per un controvalore di centomila euro. Attività quella condotta dai carabinieri reggiani che vede gli odierni provvedimenti seguire quelli eseguiti a febbraio di quest’anno nei confronti di 3 persone (1 ai domiciliari e 2 obblighi di dimora).

Nel corso delle 31 perquisizioni, eseguite sempre a febbraio dai carabinieri nei confronti degli indagati, i militari sequestrarono ingente materiale comprovante le responsabilità dei prevenuti in ordine ai reati contestati, tra cui una ventina di telefoni, una cinquantina di schede telefoniche, contratti con gestori di telefonia, svariati tablet e tessere bancomat. Le persone arrestate e indagate nell’inchiesta, compreso il menzionato 36enne, sono accusate – a vario titolo – di associazione per delinquere finalizzata ai reati di associazione a delinquere, estorsione, rapina, furto in abitazione, sostituzione di persona, violenza privata e circonvenzione di persone incapaci, con l’aggravante della continuazione, commesse nell’intero territorio nazionale almeno a partire dal gennaio del 2016. Quella svolta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Emilia, sotto il diretto coordinamento della Procura della Repubblica di Reggio Emilia, è stata un’operazione dalle dimensioni impressionanti, che in oltre un anno di attività ha permesso di accertare la commissione di un centinaio di truffe ai danni di anziani con un illecito profitto per l’organizzazione criminale di circa mezzo milione di euro. Gli indagati, quasi tutti residenti nel napoletano, avevano tutti un proprio ruolo:

a) gli organizzatori che individuavano le vittime e distribuivano i compiti ad ognuno;

b) gli addetti alla “logistica” che si occupavano del reperimento delle “utenze telefoniche mobili”, spesso intestate a soggetti stranieri mai giunti in Italia, e del noleggio di autovetture usate per gli spostamenti; degli alberghi e le somme per il pernottamento e viaggio;

c) i telefonisti che, quasi sempre da Napoli, contattavano le vittime;

d) gli “esattori”, che, pronti nelle vicinanze delle abitazioni degli anziani, al segnale ricevuto dai telefonisti, si presentavano per riscuotere quanto preteso.

Per eludere eventuali indagini, i truffatori adottavano alcune cautele come cambiare frequentemente la zona di azione, sostituire continuamente i cellulari e le “schede sim” utilizzate e rivolgersi a più società di noleggio per le auto utilizzate.

L’operazione “Porta a Porta” rappresenta il momento repressivo di quella strategia complessiva che l’Arma ormai da tempo persegue con una capillare campagna informativa di prevenzione, rilanciata sui mass-media nazionali e locali, portata avanti in modo capillare anche dai Comandanti di Stazione i quali, in collaborazione con i parroci autorizzati dal Vescovo di Reggio Emilia su richiesta del Comandante Provinciale dei Carabinieri reggiani, continuano a e diffondere consigli antitruffa alla popolazione sensibilizzandola persino durante le paesane funzioni religiose.
















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