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La grande animazione giapponese a Bologna “Sotto le stelle del cinema”

La grande animazione giapponese è quella di Isao Takahata, scomparso lo scorso 5 aprile, co-fondatore assieme a Hayao Miyazaki dello Studio Ghibli. Domenica 8 luglio, alle ore 21.45 in Piazza Maggiore, vedremo La storia della principessa splendente, ultimo film di Isao Takahata, realizzato nel 2013. La serata è promossa in collaborazione con Future Film Festival.

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Lunedì 9 luglio, sempre alle ore 21.45 in Piazza Maggiore, torniamo a riflettere sull’ambiente e sul destino della Terra. Dopo la felice esperienza dello scorso anno, con la lunga serie di proiezioni in occasione del G7 Ambiente, si rinnova la collaborazione con il progetto Film4climate del World Bank Group: in programma il film di Susan Kucera, raccontato dall’attore Jeff Bridges, Living in the Futures Past: la stessa regista introdurrà la proiezione in Piazza Maggiore, preceduta da un video-messaggio di Jeff Bridges.
Una riflessione originale sulle sfide ambientali che l’umanità si trova adaffrontare introdotta da una guida d’eccezione, l’attore Jeff Bridges, qui anche in veste di produttore. Bridges, insieme a un gruppo di eminenti scienziati, filosofi, biologi, biochimici, psicologi, ci narra una storia che intreccia i temi dell’evoluzione, dell’entropia, dell’ecologia, e le teorie sulla “fine della natura”, aiutandoci a comprendere quale sia il nostro posto tra le specie della Terra. Il film sovverte il nostro modo di pensare, ci offre punti di vista inediti sulle nostre motivazioni inconsce, sulle loro conseguenze involontarie, e su come la nostra natura fondamentalmente animale possa influire sul nostro futuro come umanità.

Domenica 8 luglio, ore 21.45, Piazza Maggiore
LA STORIA DELLA PRINCIPESSA SPLENDENTE (Giappone/2013) di Isao Takahata
(137’) In collaborazione con Future Film Festival

È l’ultimo lungometraggio di uno dei maestri dell’animazione giapponese, Isao Takahata, co-fondatore con Hayao Miyazaki del mitico Studio Ghibli. Ispirata a un popolare racconto tradizionale, la storia di Kaguya, minuscola creatura arrivata dalla Luna e trovata in una canna di bambù, è una fiaba incantevole e struggente impreziosita dal tratto impressionistico e dai cromatismi ad acquerello dei disegni, interamente realizzati a mano
in otto anni di lavoro.
La storia della principessa splendente è un tour de force visionario, che da storia per bambini si trasforma in una sofisticata allegoria dell’assurdità del materialismo e dell’evanescenza della bellezza. Ispirato alla pittura orientale, questo etereo lungometraggio di Isao Takahata porta l’animazione disegnata a mano a inedite vette di fluidità. Progetto caro a Takahata, risale in realtà a cinquantacinque anni prima, a
quando Takahata era assistente del regista Tomu Uchida per un adattamento,
poi non realizzato, della medesima storia (una delle più antiche del Giappone, più volte portata sullo schermo, in particolare da Kon Ichikawa in una versione live-action del 1987). Liberatosi del realismo che rappresenta il suo marchio di fabbrica, Takahata si appropria del fantasy e del simbolismo astratto con effetti straordinari. Chi è abituato alle animazioni hollywoodiane ricche di scene madri e gag fulminanti potrebbe rimanere deluso dai ritmi garbati e dalla narrazione discreta, ma non potrà non meravigliarsi dell’autentica maestria di quest’opera d’arte. Okina, un tagliatore di bambù, trova una ninfa, piccola come Pollicino, dentro lo stelo di una pianta e la porta a casa, dove cresce fino alle dimensioni di una bambina. La sua infanzia spensierata in uno scenario pastorale ricorda Panda! Go Panda!, la serie del 1972-73 diretta da Takahata e scritta da Miyazaki. Le immagini sono disegnate con pennellate semplici, delicate e dipinte con colori pastello; l’adorazione della
natura, elemento caratteristico delle animazioni dello Studio Ghibli, si manifesta nella pittoresca resa dei fiori. Poi Okina scopre oro e sete preziose nella foresta di bambù e crede che siano una dote della ragazza giunta dal cielo. Convinto che sia destinata a grandi cose, insieme alla moglie decide di portarla nella capitale, Kyoto. Ma la giovane ha nostalgia di casa e si sente soffocata dal nuovo stile di vita, problemi che richiamano la dicotomia campagna-città di Heidi, la serie del 1974 creata da Takahata e Miyazaki.
L’animazione sfoggia una bidimensionalità che ricorda la pittura ad acquerello, eppure i movimenti scorrono con una grazia eccezionale, e le immagini dei paesaggi e degli oggetti sembrano dispiegarsi come una pergamena.
(Maggie Lee, “Variety”)

Lunedì 9 luglio, ore 21.45, Piazza Maggiore
LIVING IN THE FUTURES PAST (USA/2017) di Susan Kucera, raccontato da Jeff
Bridges (83’) Introducono la regista Susan Kucera. Precede un videomessaggio di Jeff Bridges

Una piccola cosa può incidere su una grande. Il problema è che l’ambiente sembra qualcosa di troppo grande perché una singola persona possa avere un qualche impatto su di esso. Ma c’è qualcosa che tutti possiamo fare e credo che l’obiettivo di questo film sia spingerci a pensare come potremmo farlo. Non pensate al riscaldamento globale, pensate alla bottiglietta d’acqua. Una bottiglietta di plastica che prendete e buttate ogni volta che avete
sete. Prendete una bottiglia di metallo, riutilizzatela, e se un numero sufficiente di persone lo farà, non avremo immensi vortici di spazzatura nel bel mezzo dell’oceano.
Si sente parlare già abbastanza di persone cattive che fanno cose cattive. Non volevamo questo, volevamo trovare una prospettiva un po’ diversa. Quali sono le caratteristiche inconsce, evolutive che guidano il nostro comportamento? Non si tratta di stare da una parte o dall’altra, di buoni o cattivi. E non si tratta nemmeno di donare 20 dollari a una causa, per levarsi il senso di colpa. Si tratta di capire cosa siamo capaci di fare –
tutti sono capaci di fare qualcosa – e applicare queste abilità per aiutare il pianeta, questo incredibile dono che ci è stato dato.
(Jeff Bridges)

Il film ha preso avvio dalla curiosità del produttore esecutivo Jim Swift, che voleva capire perché ci comportiamo come ci comportiamo in merito alle sfide ambientali. Poi questa curiosità è diventata una collaborazione tra me e Jeff Bridges, anche se molte delle strade prese dal documentario sono dovute agli affascinanti dettagli forniti dalle persone che abbiamo intervistato. Jeff e io abbiamo lavorato per due anni. C’è stata prima una fase di ideazione durante la quale abbiamo definito che cosa volevamo creare, un documentario che senza timori ribaltasse la questione ambientale.
(Susan Kucera)
















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