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Ai Giardini, nel primo appuntamento con i miti dello sport, Federico Buffa parla di Muhammad Ali

Primo appuntamento con i miti dello sport del ‘900, tra parole e filmati, sabato sera 15 luglio ai Giardini d’estate, la rassegna di Studio’s con sostegno di BPER Banca che si svolge nell’ambito dell’Estate modenese del Comune di Modena realizzata anche grazie a Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e Gruppo Hera.

Nel verde dei Giardini Ducali di corso Canalgrande, nel centro di Modena, dalle 21.30 a ingresso libero, si parla con Federico Buffa della “Vita di Muhammad Ali”, a poco più di un anno dalla scomparsa di quello che è ormai unanimemente considerato lo sportivo per eccellenza del XX secolo. “The greatest”, il più, grande. La narrazione di Buffa è affiancata da clip video tratte dal docufilm nel quale il giornalista ha raccontato Ali su Sky.

Il previsto incontro delle 19 con Teresa Ciabatti non si svolgerà, in quanto la scrittrice ha annullato tutti i suoi impegni pubblici per motivi familiari.

Aperto a tutti, invece, come in ogni serata, il punto “Buon ristoro” di Piacere Modena, che serve gnocco, tigelle, tortellini e tipicità locali da annaffiare con le quattro doc modenesi del Lambrusco (informazioni e prenotazioni al tel. 059 208672).

Alle 21.30, dunque, sul palco grande sale il giornalista televisivo che, secondo il critico Aldo Grasso, ha dimostrato di “essere narratore straordinario, capace di fare vera cultura, cioè di stabilire collegamenti, creare connessioni, aprire digressioni” in possesso di uno stile avvolgente ed evocativo. Sarà lui, Federico Buffa, a raccontare Ali, al quale ha recentemente dedicato una miniserie di storytelling sportivo prodotta da Sky con gran riscontro di pubblico e critica. Dalla serie è stato tratto un libro, “Muhammad Ali. Un uomo decisivo per uomini decisivi”.

Il ladro che nel 1954 rubò a un ragazzino nero di dieci anni la sua bicicletta alla fiera per afroamericani di Louisville non poteva sapere che proprio grazie al suo gesto vile sarebbe cominciato l’epos del più grande pugile di tutti i tempi, si legge nella scheda di presentazione del libro di Buffa. Perché quel ragazzino si chiamava Cassius Clay ed è per vendicare quel furto che si avvicinò alla boxe. Nell’arco di oltre ventisei anni Cassius Clay, che mutò scandalosamente il proprio nome in Muhammad Ali nel 1964, dopo la vittoria contro Sonny Liston per il mondiale dei massimi e la conversione all’Islam, combatterà, allenamenti compresi, in oltre quindicimila round a tutte le latitudini: dal Rumble in the Jungle contro George Foreman a Kinshasa al terzo, drammatico atto contro Joe Frazier a Manila. Ali avrà gli occhi da artista sfrontato di suo padre, ma vedrà il mondo con la dolcezza e la generosità di quelli di sua madre. Si rifiuterà sino all’ultimo giorno di avere paura delle conseguenze delle sue azioni, insegnando a generazioni di afroamericani l’orgoglio di esserlo. Sarà il primo atleta a parlare di diritti dell’uomo e non avrà mai timore di farlo, neppure quando per affermare il proprio rifiuto alla guerra in Vietnam dovrà combattere contro il governo americano e sfiorare il carcere. Uscirà di scena, quando arriverà il momento, come nessuno era uscito mai: accettando di farsi vedere nello stato in cui era ridotto dal Parkinson, in quella notte di Atlanta del 1996, ci ha costretto a meditare sulla caducità delle nostre esistenze.
















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