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Scoperta scientifica sulla tolleranza all’essiccamento dei Tardigradi

Sono stati compresi i meccanismi molecolari che consentono ai tardigradi, microscopici animali presenti ovunque sulla Terra, di resistere al completo essiccamento. Questi esseri viventi, chiamati orsetti d’acqua per il loro aspetto, hanno evoluto la capacità di produrre molecole in grado di proteggere le cellule, i tessuti e gli organi quando l’animale perde per evaporazione oltre il 97% dell’acqua corporea, una condizione, invece, che comporta la morte di tutti gli altri organismi.

La ricerca è stata condotta da un team composto da ricercatori dell’Università del North Carolina a Chapel Hill, dell’Università della California a Berkeley e di Unimore – Università di Modena e Reggio Emilia che hanno condiviso competenze scientifiche tra loro complementari e interdisciplinari. Lo studio dal titolo “Tardigrades Use Intrinsically Disorderd Proteins to Survive Desiccation” ha messo a confronto l’espressione dei geni in tardigradi secchi e in tardigradi idratati ed ha consentito di identificare particolari geni che codificano un gruppo di proteine dette “Tardigrade-Specific Intrinsically Disordered Proteins” (TDPs).

Abbiamo scoperto che questi geni sono risultati sovraespressi durante l’essiccamento in tre diverse specie di tardigradi. Lo “spegnimento” (silenziamento) di questi geni mediante la tecnica di RNA interference (RNAi) ha evidenziato una riduzione della capacità delle tre specie di tardigradi, oggetto di studio, di tollerare l’essiccamento. Inoltre, le proteine TPDs hanno aumentato la tolleranza all’essiccamento di lieviti e batteri in cui sono stati biotecnologicamente introdotti i geni per le TDPs e hanno consentito di conservare l’attività di un enzima, la lattato-deidrogenasi, quando essiccato in vitro. In assenza di acqua, le proteine TDPs formano una struttura amorfa non cristallina (simile al vetro) che protegge le molecole e la struttura delle cellule durante la disidratazione. In prospettiva, i risultati dello studio potrebbero avere un numero elevato di applicazioni, come, ad esempio, la conservazione di cellule staminali, vaccini e farmaci, che normalmente richiedono di essere mantenuti al freddo, o la protezione di colture dalla siccità.

La ricerca, i cui risultati sono stati resi noti tramite un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Molecular Cell, è stata realizzata nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato principalmente dalla NASA che vede coinvolti sia i ricercatori americani sia la prof. Lorena Rebecchi e la dott.ssa Ilaria Giovannini del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore. Le due ricercatrici sono state inoltre supportate dal fondo di Ateneo per la Ricerca 2015 per progetti di ricerca dipartimentali. La collaborazione tra i ricercatori dell’Università della North Carolina a Chapel Hill e i ricercatori di Unimore si inserisce nell’ambito di un accordo quadro tra le due Università attivo da diversi anni, che ha portato allo scambio reciproco di ricercatori e studenti. In particolare, per lo sviluppo di questa ricerca, la dott.ssa Ilaria Giovannini ha lavorato presso il Department of Biology della University of North Carolina a Chapel Hill anche grazie al supporto del Fondo per la Mobilità Internazionale di Giovani Ricercatori di Unimore.

 

I tardigradi cosa sono

I tardigradi, chiamati orsetti d’acqua per il loro aspetto, sono microscopici animali (meno di 1 mm di lunghezza) poco conosciuti, ma tutt’altro che rari e presenti ovunque sulla Terra dalle regioni polari all’equatore, dalle spiagge alle profondità degli oceani, nonché nei nostri parchi e giardini e non mancano i motivi di interesse per il loro studio. Uno di questi è legato alla loro capacità di tollerare condizioni ambientali estreme non sempre compatibili con la vita. Ad esempio, sebbene tutti i tardigradi siano animali acquatici, la maggior parte vive in habitat soggetti a frequenti periodi di siccità come muschi e licheni. Man mano che l’ambiente che li circonda si impoverisce di acqua, i tardigradi si disidratano perdendo sino al 97% dell’acqua corporea; con la disidratazione il corpo viene compattato in una struttura a botticella e il metabolismo viene sospeso; questo fenomeno biologico è definito anidrobiosi. Quando vengono reidratati dalla rugiada o dalla pioggia, i tardigradi riattivano il metabolismo nell’arco di qualche minuto. I tardigradi sono famosi per la capacità di sopravvivere secchi per oltre 20 anni e per tollerare, quando secchi, stress fisici estremi come esposizione a temperature comprese fra -272,95°C e +150°C e alte dosi di radiazioni, tanto che sono diventati un modello animale per gli studi di biologia spaziale e sono stati ripetutamente oggetto di missioni di volo a bordo della International Space Station (ISS). La capacità dei tardigradi di resistere all’essiccamento è nota da quando Lazzaro Spallanzani li osservò per la prima volta nella polvere della grondaia della sua casa di Scandiano, ma prima di questa ricerca non erano ancora state chiarite le basi molecolari che consentono il loro essicamento. Per molto tempo si è ritenuto che questi orsetti d’acqua utilizzassero un particolare tipo di zucchero, il trealosio, similmente a quanto osservato in altri organismi anidrobionti come, ad esempio, batteri ed alcuni nematodi. Ma nei tardigradi, il trealosio è presente in bassissime quantità, per cui l’obiettivo di questa ricerca è stato quello di individuare eventuali altre molecole coinvolte nella tolleranza all’essiccamento.

 

Le ricercatrici Unimore

Lorena Rebecchi è professore associato di Zoologia presso il Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore, dove dirige il laboratorio di Zoologia Evoluzionistica. Ha pubblicato oltre 80 articoli scientifici su riviste internazionali, vari capitoli di libri e altri articoli su riviste scientifiche nazionali. Si occupa di evoluzione biologica con particolare riferimento agli adattamenti fisiologici e molecolari di organismi che vivono in ambienti estremi e stocastici.

Ilaria Giovannini è laureata in Biologia e ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca nel marzo 2016. Attualmente è Collaboratore di Ricerca presso il Laboratorio di Zoologia Evoluzionistica del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore. E’ autrice di 7 articoli scientifici su riviste internazionali e di numerose comunicazioni a congressi.
















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