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Agricoltura: climate ChangER taglia i gas serra. Una riduzione di 200 mila tonnellate equivalenti di CO2 in tre anni.

Una riduzione di gas serra che può arrivare oltre il 30% per il settore zootecnico e  che va dal 22 al  46%  per quello vegetale cioè grano duro, fagiolini e pomodori da industria, pere, pesche e nettarine. In agricoltura ridurre le emissioni responsabili del cambiamento climatico si può, come dimostrano i risultati del grande laboratorio messo in campo in Emilia-Romagna con il progetto Climate ChangER.

Meno fertilizzanti, un uso migliore di prodotti fitosanitari, lavorazioni ridotte del terreno, attenta gestione delle risorse idriche e della dieta degli animali sono alcune delle tecniche di coltivazione e di allevamento all’avanguardia, introdotte e testate sul campo, che in tre anni hanno portato alla riduzione complessiva di 200 mila tonnellate equivalenti di CO2. Un significativo taglio di emissioni di anidride carbonica, protossido di azoto e metano mantenendo però la resa produttiva e la qualità dei prodotti.

Il punto su questi temi, sulle tecniche adottate e sui risultati conclusivi del progetto europeo, coordinato dalla Regione Emilia-Romagna, è stato fatto oggi a Bologna nel convegno “Agricoltura e cambiamento climatico. Buone pratiche messe in campo”.

“Climate ChangER- ha spiegato l’assessore regionale all’Agricoltura Simona Caselli aprendo i lavori- dimostra che se si punta sulla crescita intelligente e sullo sviluppo sostenibile si può fare del bene all’ambiente e all’economia. I dati ci dicono che siamo di fronte ad un sensibile abbassamento delle emissioni senza che la produttività e la qualità dei prodotti, a cui noi teniamo molto, ne risenta. Di questo dobbiamo ringraziare le importanti aziende e le imprese che hanno partecipato con grande impegno a questa avventura, una squadra di qualità che ha contribuito al successo e alla riuscita del progetto.”

“Comincia da qui- ha aggiunto -un nuovo impegno per il futuro dell’agricoltura dell’Emilia-Romagna che ha come obiettivo quello di diffondere le tecniche individuate, utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione. A partire dal Psr 2014-2020 dove sono state inserite azioni che già ora promuovono l’applicazione delle buone pratiche del progetto, con un’attenzione particolare all’adozione di nuove tecniche di distribuzione dei reflui e di agricoltura conservativa”.

I primi risultati sono già visibili: su quasi 200.000 ettari (circa il 20% della superficie agricola regionale) si applica almeno una delle tecniche agro-climatico ambientali testate con Climate ChangER.

Il progetto

Partito nel 2013,Climate ChangER ha un costo di 1,8 milioni di euro cofinanziati al 50% dall’Unione europea. Partner del progetto importanti aziende agroalimentari e della grande distribuzione come Barilla, Granarolo, Coop Italia, Apoconerpo, ParmaReggio, Inalca-Unipeg, Cso e Consorzio del Parmigiano Reggiano, oltre a Arpae Emilia-Romagna, il Centro ricerche produzioni vegetali di Cesena e il Centro ricerche produzioni animali di Reggio Emilia. Un partenariato che rappresenta circa il 30% delle aziende agricole emiliano-romagnole e oltre 8 milioni di consumatori.

Otto le filiere su cui sono state testate le buone pratiche: latte fresco, bovini da carne, latte per il parmigiano reggiano, pere, pesche e nettarine, fagiolino da industria, grano duro, pomodoro da industria.

Il progetto si basa su un approccio integrato tra colture, tra settore vegetale e animale e tra parte agricola, industriale e distributiva puntando alla riduzione dei gas effetto serra (GHGs), mettendo a sistema le informazioni ed esperienze dei partner coinvolti e dando valore anche ad altri aspetti: risparmio idrico ed energetico, riduzione chimica e fitofarmaci, tecniche avanzate di gestione alimentare e delle deiezioni zootecniche.

L’agricoltura produce in Italia circa il 10% dei gas serra e il 7% in Emilia-Romagna. Si tratta, per impatto complessivo, del secondo settore, dopo quello energetico e prima dell’industria. I principali gas climalteranti sono anidride carbonica, protossido d’azoto e metano. Le buone pratiche messe a punto e testate su una ventina di aziende agricole dimostrative, hanno permesso di ridurre tali emissioni a parità di rese produttive, qualità dei prodotti e senza un aggravio dei costi per le aziende produttrici. I risultati sono stati testati secondo il metodo LCA (Life Cycle Assessment): in pratica la valutazione del ciclo di vita che misura gli impatti della filiera produttiva considerando anche le emissioni che avvengono a monte e a valle della fase agricola in senso stretto, dai consumi energetici, ai trasporti, alla produzione di mangimi o fertilizzanti.

Sul sito   Life+Climate ChangER tutte le informazioni e gli aggiornamenti sul progetto./Eli.Col.
















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