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200 studenti reggiani hanno accolto nella Sala del Tricolore Marietta Lane, simbolo della lotta contro la pena di morte

giornatapenamorteOltre duecento studenti degli Istituti superiori di Reggio Emilia ‘Città del Tricolore’, ‘Galvani-Iodi’ e ‘Motti’ hanno accolto questa mattina, nella Sala del Tricolore del Municipio di Reggio Emilia, Marietta Lane, cofondatrice di “Journey of hope”, organizzazione che riunisce i familiari delle vittime di omicidi e che si batte contro la pena di morte. All’incontro hanno preso parte l’assessore alla Città internazionale Serena Foracchia e Caterina Alducci della Comunità di Sant’Egidio.

L’iniziativa di questa mattina si inserisce nell’ambito dell’iniziativa “Cities for Life – Città per la vita Città contro la pena di morte”, promossa a livello internazionale dalla Comunità di Sant’Egidio il 30 novembre, in ricordo dell’anniversario della prima abolizione della pena di morte, quella del Granducato di Toscana nel 1786. Anche quest’anno il Comune di Reggio Emilia ha aderito all’iniziativa, insieme a migliaia di istituzioni locali in tutto il mondo impegnate nella promozione dei diritti umani, confermando l’impegno sul tema. Nel 2016, inoltre, l’Amministrazione comunale ha confermato l’impegno a sostegno del fondo per la difesa legale dei condannati a morte della Comunità di Sant’Egidio, per la Coalizione mondiale contro la pena di morte e per la coalizione texana contro la pena di morte.

“Non abbiate fretta – è il monito che Marietta Lane ha lasciato agli studenti presenti – considerate che in questo breve incontro ho condiviso con voi un percorso di dolore che è durato molto tempo e che mi ha permesso di lasciare alle spalle la rabbia e a perdonare la persona che ha ucciso mia figlia: la pena di morte non mi avrebbe restituito nulla. Vi invito a riflettere su questo e a impegnarvi per promuovere in tutto il mondo l’abolizione della pena capitale come strumento legale di giustizia”.
“L’appuntamento di quest’anno – ha sottolineato l’assessore Foracchia – precede il voto dell’Assemblea generale dell’Onu sulla risoluzione sulla moratoria universale delle esecuzioni. Insieme al Tavolo dei Diritti umani abbiamo scelto di continuare il nostro impegno a rifiutare la pena capitale come mezzo di giustizia. Chiediamo alle nuove generazioni di essere protagoniste di queste e altre cause che vogliono garantire i diritti di tutti gli esseri umani”.

Gli studenti presenti hanno rivolto molte domande a Marietta Lane, che ha risposto raccontando la sua dolorosa storia personale. Nel 1973 durante un campeggio con la famiglia in Montana, sua figlia Susie, di appena 7 anni, fu rapita. Dopo un anno di angoscia, Marietta Lane riuscì a parlare con il rapitore, e, poco tempo dopo, scoprì che la bambina era stata uccisa. Superato il dolore per il lutto, riuscì a perdonare l’assassino, lottando affinché non fosse condannato a morte e perché la sua condanna fosse mutata in ergastolo. Oggi Marietta Lane ha 78 anni e da 35 anni gira l’America e il mondo per parlare di perdono. «Lo so che molte madri e molti padri cercano conforto e giustizia nella condanna a morte. Mi dispiace che abbiano tutto quell’odio dentro. Mio marito William, il padre di Susie, non ha mai sconfitto la rabbia e penso sia morto prematuramente anche per questo».

Marietta oggi è un simbolo: ha fondato “Journey of Hope”, associazione che riunisce parenti di vittime di assassinio e parenti di condannati a morte, e viaggi per il mondo per fare conoscere la sua esperienza. La sua missione è convincere quante più persone possibili che la pena di morte è un male da abolire. A partire da quei 56 Stati in cui ancora oggi la pena di morte è in vigore, tra cui Nicaragua, India, Guatemala e gli stessi Stati Uniti.
















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