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Chernobyl, trent’anni dopo: 11mila bambini accolti in Emilia-Romagna

Trent’anni dopo, la centrale nucleare di Chernobyl continua a rappresentare un problema aperto. Ancora oggi gli effetti della contaminazione pesano su chi abita in Bielorussia e Ucraina. Soprattutto sui bambini che vivono in zone ad alta radioattività. Quei bambini che, nell’età dello sviluppo, sono i più esposti agli effetti delle sostanze radioattive che possono provocare gravi malattie, spesso tumorali. 
Per fare il punto sulla attività di accoglienza temporanea e di sostegno sanitario ai bambini bielorussi svolta dal nostro Paese (dal 1986 i bambini accolti in Italia sono oltre 600mila, il 94% in famiglie) si è tenuto oggi un seminario, organizzato dalla Regione Emilia-Romagna e dall’Assemblea legislativa regionale per ricordare i trent’anni dalla catastrofe nucleare di Chernobyl, avvenuta nel nord dell’Ucraina il 26 aprile 1986.
“Chernobyl rappresenta il primo caso di globalizzazione del danno e allo stesso tempo di globalizzazione della solidarietà – sottolinea la vicepresidente della Regione e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini -Un disastro terribile, dalle conseguenze quasi inaffrontabili in tutta Europa e nell’intero emisfero Nord ma nello stesso tempo l’avvio di una catena di solidarietà su scala internazionale”.
La Regione Emilia-Romagna, nell’ambito delle proprie politiche di cooperazione decentrata e di cooperazione internazionale sanitaria, è da anni impegnata a supportare le associazioni firmatarie del “Progetto regionale Chernobyl” nell’organizzazione dei soggiorni temporanei di bambini provenienti dalle zone di Bielorussia e Ucraina, ospitati sia presso famiglie emiliano-romagnole, sia in strutture collettive.
“I bambini sono accolti da trent’anni nella nostra regione – ha detto la vicepresidente – da famiglie che hanno l’unico scopo di accogliere e dare sollievo a chi potrebbe ancora subire i danni di quella catastrofe. Tantissime associazioni si sono mobilitate e la Regione stessa con loro, da anni propone screening sanitari e controlli medici per i bambini che via via si sono alternati nei nostri territori. Siamo sempre stati presenti – conclude Gualmini – nelle situazioni di bisogno e continueremo a farlo”.

 

La Regione per Chernobyl

Dal 1999 sono 11.434 (circa 600 l’anno) i bambini con meno di 14 anni provenienti dalle zone più coinvolte dal disastro nucleare accolti in regione sottoposti durante il periodo di accoglienza, agli accertamenti sanitari previsti dalla Regione Emilia-Romagna e non eseguibili nei loro Paesi di origine, mentre l’accoglienza è a carico delle Associazioni regionali di solidarietà.
La Regione, inoltre, iscrive i bambini al Servizio sanitario regionale per il periodo di permanenza nel territorio regionale. L’attività sanitaria prevede l’accertamento – attraverso visite mediche specialistiche e controlli diagnostici adeguati – di patologie conseguenti all’esposizione alle radiazioni o al contatto con sostanze contaminate.
Sul piano della prevenzione i bambini, ospiti nella nostra regione, sono sottoposti a visite pediatriche e a ecografie tiroidee.
Il progetto Chernobyl prevede, inoltre, che contestualmente all’accoglienza dei minori in Emilia-Romagna si realizzino anche interventi di cooperazione nelle loro zone di provenienza, soprattutto in Bielorussia dove Legambiente Emilia Romagna porta avanti il Progetto “Rugiada” cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna con la collaborazione di Arpa Emilia Romagna, dell’AUSL di Modena, del Policlinico di Modena e dell’Università` di Bologna.
L’impegno della Regione a portare avanti per il futuro le azioni di cooperazione decentrata nelle zone colpite dalla tragedia di trent’anni fa, anche nelle parole della consigliera regionale, Barbara Lori: “Partendo dal ricordo di una tragedia e dall’impegno profuso in questi anni,vogliamo guardare al futuro: rafforzare la collaborazione e fare rete per intensificare gli sforzi a sostegno della popolazione e in particolare dei bambini che ancora vivono il dramma. Nel tempo di crisi in cui viviamo,purtroppo, molte famiglie stanno tornando a vivere nella zona rossa di Chernobyl con gli effetti negativi che ben possiamo immaginare: per questo i nostri sforzi per aiutarli vanno rafforzati”.
















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