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Approvato piano di abbattimento per 6000 nutrie in provincia. LAV Modena: “non è questa la soluzione”

nutrieIn merito all’annunciato piano di abbattimento di 6000 nutrie ad opera di 500 cacciatori coordinati dalla provincia di Modena, LAV desidera precisare quanto segue:

1. La nutria fu importata in Italia (per la prima volta in Piemonte) nel 1921 per la produzione di pellicce (il “famoso” castorino) ma siccome intorno agli anni Ottanta la richiesta di queste pellicce diminuì sempre più, quasi tutte le aziende furono costrette alla chiusura e, onde evitare i costi di abbattimento di questi poveri animali, molti individui furono liberati dagli allevatori e così colonizzarono diversi ambienti naturali.

2. Di indole molto docile, ha una dieta vegetariana e non è assolutamente aggressiva tanto che in America viene anche tenuta come animale da compagnia.

3. La nutria non rappresenta alcun pericolo dal punto di vista igienico-sanitario, né ha un particolare ruolo nella trasmissione e diffusione di malattie.

4. La Nutria è stata spesso accusata di provocare gravi danni all’agricoltura, ma in realtà è provato che questi sono marginali, perché la specie non pascola mai lontano dall’acqua e non si addentra quindi mai per molti metri nei coltivi.

5. Allo stato attuale delle conoscenze i tentativi di eradicazione di popolazioni di Nutria nei paesi ove la specie è stata introdotta si sono rivelati infruttuosi. In Italia si è tentato più volte di arginare la diffusione della specie tramite interventi di abbattimento con scarsi risultati. Tali interventi di rimozione parziale rischiano piuttosto creare le condizioni per un successivo incremento della capacità di crescita delle popolazioni per reclutamento ed immigrazione dalle zone vicine, rischiando, in una prospettiva di medio termine, di creare più problemi di quanti ne risolvano e di fungere da volano biologico all’incremento del tasso di crescita delle popolazioni.

6. Gli enti locali hanno investito molte energie e molto denaro per organizzare campagne di sterminio delle nutrie. All’inizio si progettava di eradicarle totalmente, poi l’obiettivo è apparso irrealizzabile e si parla solo di contenimento. Sofferenze ingenti inflitte agli animali, che possono essere uccisi “con ogni mezzo” dicono leggi regionali, come accade a topi e ratti. Appositi corsi di addestramento per il personale volontario – per lo più cacciatori – addetto alla campagna, dove si insegna come catturare i roditori con trappole a gabbia, poi gasarli. Sostanze pericolose, quindi, da immagazzinare, trappole costose da acquistare. Ma il problema fondamentale è risultato essere lo smaltimento degli animali morti. Le nutrie devono essere incenerite. Bisogna dunque allestire inceneritori, altri costi non indifferenti, e provvedere a tutto il processo della raccolta dei cadaveri, del loro trasporto all’inceneritore, dello smaltimento delle scorie. Un panorama quindi di costi crescenti.

7. Di qui la necessità di un progetto pilota che potrebbe risparmiare la vita di moltissimi animali e giovare nel contempo all’ambiente. Si tratta di interrare reti metalliche a maglia larga lungo gli argini di canali e fossati, habitat elettivi delle nutrie che attraverso queste vie si spostano nella campagna. L’operazione può apparire invasiva, ma si tenga conto che in realtà queste sponde sono per lo più al momento del tutto spoglie a causa di pratiche diserbanti intensive che eliminano ogni traccia di vegetazione naturale. Le nutrie non scavano le loro gallerie laddove la sponda è rimasta coperta da alberi e arbusti, perché disturbate dall’apparato radicale delle piante. E anche la rete le disturba, e questa intelaiatura metallica (interrata e quindi invisibile) è praticamente eterna ed inamovibile, da cui l’abbattimento dei costi dopo l’investimento iniziale. Il vantaggio ulteriore per l’ambiente è che la rete permetterà la crescita, attraverso le maglie, delle specie arboree e arbustive spontanee, non più disturbate dal diserbo meccanico, impedito quasi quanto le nutrie. In questo modo si consentirà la ricolonizzazione della vegetazione naturale degli argini. E se anche alcune colture dovessero richiedere un taglio raso delle piante cresciute spontaneamente sugli argini, gli apparati radicali inseriti nella rete e non asportabili continuerebbero a trattenere le sponde evitando i fenomeni di smottamento oggi imputati assurdamente alle nutrie invece che all’eliminazione delle siepi ripariali.

 

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