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Confcommercio sulla situazione riguardante il reparto ostetricia dell’ospedale Sant’Anna a Castelnovo Monti

«Sulla chiusura di servizi importanti per la montagna -dice Maria Grazia Colombari, responsabile della Delegazione Confcommercio di Castelnovo Ne’ Monti- siamo già intervenuti a suo tempo. Abbiamo manifestato preoccupazione per la chiusura degli sportelli Camera di commercio e Inps autonomi, per la riduzione delle aperture dello sportello dell’Agenzia delle Entrate e, da ultimo, per la chiusura dell’Ufficio SIAE. Le difficoltà create da questa situazione alle imprese dell’area montana sono comprensibilmente notevoli».

«Adesso -prosegue Maria Grazia Colombari- iniziano a andarsene anche i servizi per i cittadini. Tenendo conto della vastità del nostro territorio, là dove gravitano tutti gli utenti del centro dell’Appennino, a Castelnovo Ne’ Monti, troviamo l’eccellenza di un ospedale qualificato. Ora, però, si vorrebbe chiudere il reparto ostetricia perchè non si raggiungono i 500 parti all’anno previsti dall’accordo Stato-Regioni 2010/2013».

«Se così fosse -spiega Maria Grazia Colombari- donne e ragazze dovrebbero andare a Reggio Emilia, Scandiano, Montecchio percorrendo chilometri e chilometri. Chi vorrà più abitare a Castelnovo Ne’ Monti? Questo creerebbe ulteriore spopolamento della nostra montagna. Senza pensare al disagio in determinati periodi dell’anno e agli operatori che lavorano nel nostro ospedale. Un disservizio per tutti i cittadini che avrà sicuramente una ripercussione anche sul tessuto economico, a livello commerciale e turistico, già provato dalla crisi, del nostro territorio».

«Queste considerazioni -sottolinea Nadia Vassallo, vicepresidente della Delegazione Confcommercio di Castelnovo Ne’ Monti- rispecchiano perfettamente cosa accadrebbe se si arrivasse alla chiusura del punto nascita dell’ospedale Sant’Anna. Dobbiamo adoperarci affinchè ciò non avvenga perchè si creerebbe, anzi si incrementerebbe, un effetto a catena, ormai inarrestabile, che porterà a smantellare la montagna pezzo per pezzo».

«Stando a quanto previsto dal patto Stato-Regioni 2010/2013 –continua Nadia Vassallo- la nostra sarebbe una battaglia persa. Bisogna battersi però sulla questione non indifferente che questo reparto è di fatto parte integrante dello stesso reparto dell’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia dal settembre 2013. Perché, allora, chiuderlo anzichè gestirlo in maniera sinergica come avviene per altri reparti delle stesse strutture sanitarie, come cardiologia? Perchè non creare un turn-over del personale tra i due ospedali? Perchè si devono mettere in crisi i cittadini e tutto un territorio con decisioni prese senza conoscere realmente le situazioni? In linea di massima la sanità nella nostra regione è a livelli piuttosto alti: perchè pagare per le decisioni prese dal ministero che guarda soprattutto ai dati di ospedali che operano in regioni dove la sanità non funziona?»

«Questo è un argomento –conclude Nadia Vassallo- che riguarda tutte le parti sociali e civili di una comunità, compreso chi si occupa di commercio, turismo, servizi e piccole e medie imprese. Tanti sono gli interessi in ballo e se il nostro territorio si impoverisce perdendo pezzi ci impoveriamo tutti».
















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