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La Cgil presenta la 7° edizione dell’Osservatorio Economia e Lavoro in provincia di Modena

presentazione-osservatorioL’Osservatorio dell’Economia e del Lavoro 2014 della provincia di Modena, l’ottava edizione dell’analisi annuale condotta da IRES Emilia-Romagna, evidenzia alcuni fenomeni non consueti nella storia recente dell’economia territoriale.

Dopo anni di continua crescita demografica, nel 2013 la popolazione provinciale si è ridotta di 3.656 unità. Si tratta dell’effetto di alcuni elementi concomitanti.

In primo luogo, i flussi migratori in entrata si sono ridotti, sia per la popolazione in entrata dalle altre regioni italiane, sia per i flussi in entrata dall’estero. La minore attrattività e le persistenti criticità dell’economia provinciale ha determinato una riduzione dei flussi in arrivo sul territorio per motivi di lavoro.

In secondo luogo, si è verificata una uscita di persone dal territorio sotto forma di flussi migratori verso l’esterno. La popolazione giovanile in cerca di occupazione si sta muovendo verso altre destinazioni, la popolazione straniera si muove verso altre regioni del continente europeo.

 

Tab.1 Dinamica della popolazione residente per distretto 2007-2013

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Gli unici distretti a crescere sono stati Carpi e Castelfranco dove si sono ridistribuiti i residenti delle zone colpite dal terremoto.

Nel corso degli anni la crescita continua della popolazione nei diversi territori è stata sempre sostenuta dalla componente di migrazione straniera: nel 2013 questa tendenza si è invertita e la caduta del numero di residenti di origine straniera si è sommata alla caduta della popolazione di origine italiana.

Questo fenomeno allenta la tensione sul processo di antropizzazione del territorio, che ne aveva messo a nudo la estrema fragilità intrinseca in concomitanza con gli eventi calamitosi del 2012, 2013 e 2014. La continua e inarrestabile crescita della popolazione residente oltre a spingere per ulteriori insediamenti residenziali chiedeva uno sforzo di crescita della struttura produttiva che difficilmente, a condizioni date, poteva essere soddisfatta.

 

Tensioni occupazionali e sofferenze sociali

La riduzione demografica allenta anche la tensione sul mercato del lavoro. Tuttavia, nonostante alcuni lievi segnali di ripresa registrati fra fine 2014 e inizio 2015 rappresentati da domanda estera in crescita e ripresa congiunturale di produzione e fatturato, la situazione economica continua a mostrare segni di grande sofferenza nell’incremento del sottoutilizzo della forza lavoro (salito dall’8,6% all’11%) caratterizzato da una forte incidenza dello scoraggiamento (che coinvolge il 30% delle persone in cerca di occupazione), dalla riduzione dell’occupazione e dal concomitante incremento della disoccupazione della componente femminile della forza lavoro, dalla forte riduzione nel numero delle imprese artigiane e non, segno di un processo di ridefinizione della struttura produttiva che ancora non conosce il punto di arrivo.

E’ ancora presente un elevato ricorso alla cassa integrazione in deroga che testimonia la difficoltà dei settori dei servizi oltre che di quelli artigiani.

 

Fig.1 – Andamento dei lavoratori equivalenti interessati da CIG “a zero ore” (scenario 100%) per tipologia di intervento, anni 2013-2014

figura-1

Si registra anche la riduzione dei tassi di attività fra le classi di età più giovani, che associato ad un aumento accelerato del tasso di invecchiamento della popolazione attiva, determina una progressiva perdita di potenziale innovativo del capitale umano territoriale.

In questo contesto il fabbisogno occupazionale si è ridotto rispetto all’anno scorso di oltre 2.000 posti di lavoro, passando dai 22.900 calcolati l’anno scorso ai 20.675 calcolati quest’anno.

L’effetto di riduzione è da attribuire in massima parte alle dinamiche demografiche e di contrazione dell’offerta di lavoro, mentre anche la diminuzione delle imprese sul 2014 ha ridotto la domanda di lavoro.

Per l’inizio del 2015, invece, si registra un rallentamento nella riduzione delle imprese attive a cui potrebbero associarsi gli effetti attesi dall’introduzione degli sgravi contributivi e dei provvedimenti associati al Jobs Act e determinare così una leggera inversione di tendenza.

Nel complesso si rileva anche un incremento significativo degli indici di povertà relativa, che coinvolgono oltre 14.000 famiglie in provincia, contro le 6.856 del 2009.

Si tratta di una consistenza in linea con quelle registrate a livello regionale, e l’incidenza è comunque inferiore a quella media regionale, tuttavia il tasso di crescita è piuttosto elevato e deve essere attribuito in parte agli effetti economico-patrimoniali del sisma, in parte a quelli economici della crisi.

Infatti, nel periodo 2009-2012 la spesa sociale prevista dai bilanci comunali nei distretti della provincia è diminuita complessivamente, tuttavia il dato relativo al distretto di Mirandola è in grande espansione.

Se si allarga lo sguardo al periodo della crisi (2007-2012) i risultati sono diversi e la spesa per assistenza sociale cresce dell’1,8% all’anno in tutta la provincia, associando ai risultati del distretto di Mirandola anche quelli di Modena, Sassuolo e Vignola. Questo divario si spiega probabilmente con la diminuzione, da un lato, della spesa diretta nei bilanci comunali, dall’altro, con la progressiva esternalizzazione dei servizi che mantiene complessivamente alta la spesa sociale.

 

Investimenti per il rilancio del lavoro

L’uscita da questa impasse economica, che comincia ad evidenziare sostanziali segnali di sofferenza sociale, necessita di una importante azione strategica di investimento per rilanciare l’attività e consentire un’adeguata distribuzione del reddito sul territorio.

I piani di sviluppo centrati sugli investimenti di carattere strategico finora in campo[1], e proposti da diversi attori pubblici e privati, mettono in evidenza che il territorio nei prossimi cinque anni potrà beneficiare di investimenti infrastrutturali, immateriali e produttivi di dimensione stimata in 1,2 miliardi di euro. Si tratta di una mole di investimenti in massima parte realizzati con risorse pubbliche (circa il 75%) e per oltre il 70% di carattere infrastrutturale.

Complessivamente questa mole di investimenti è in grado di realizzare sul territorio circa 3.100 nuovi posti di lavoro, pari a circa il 15% del fabbisogno calcolato per un equilibrio di piena occupazione, anche in un contesto di riduzione della popolazione residente.

 

Tab. 2 – Impatto economico e occupazionale degli investimenti strategici previsti in provincia di Modena nel periodo 2014-2019

tabella-2

L’insufficienza dello sforzo rispetto alle esigenze è effetto di una impostazione troppo tradizionale del modello di sviluppo delineato dagli investimenti in campo. Circa il 74% degli occupati derivano dagli investimenti infrastrutturali, i quali hanno natura “estensiva” e “straordinaria”.

La debolezza della progettualità per iniziative che considerino il territorio come una infrastruttura e che agiscano nell’ottica della manutenzione e del recupero eco-sostenibile, anziché della nuova realizzazione, riduce l’efficacia dei progetti di investimento infrastrutturale ai fini occupazionali.

Il modello di sviluppo che emerge si caratterizza, pertanto, per essere fortemente polarizzato fra attività che producono occupazione temporanea (gli investimenti infrastrutturali) e attività che producono occupazione nel lungo periodo (gli investimenti immateriali e i benefici delle infrastrutture realizzate). Manca in sostanza un quadro di investimenti in grado di produrre occupazione di lungo termine a partire da attività esistenti.

Fra le esigenze emergenti del territorio, che hanno le caratteristiche di essere prioritarie, ma che non vengono adeguatamente presidiate dal modello di investimenti analizzato, ci sono gli investimenti in tutela e manutenzione del territorio che avrebbero la capacità di creare condizioni occupazionali stabili e di favorire anche l’accumulazione di know how e competenze nel tempo, da mettere al servizio del territorio.

Il modello degli investimenti immateriali, fortemente centrato sull’innovazione e il trasferimento tecnologico, nella provincia di Modena si sviluppa in particolare sul sistema dei due Tecnopoli di Modena e Mirandola. Esso è una parte essenziale di un’adeguata strategia di sviluppo occupazionale e di competitività di lungo periodo.

A ciò va affiancato un sistema di interventi su ambiti del settore dei servizi di welfare e sanità e di attività culturali e promozionali che tengano insieme il capitale sociale con il territorio.

Far crescere gli investimenti nelle infrastrutture di rete è essenziale per mantenere elevato e riprodurre la capacità competitiva del territorio. Su questo argomento le scelte delle imprese che gestiscono le reti (idriche, energetiche e delle telecomunicazioni) sono carenti e insufficienti, per cui la governance territoriale deve trovare una diversa configurazione e protagonismo.

[1] I progetti di investimento cui si fa riferimento riguardano: Infrastrutturali: Scalo Merce Marzaglia; Campogalliano-Sassuolo; Cispadana Reggiolo-Ferrara; Immateriali: Polo Culturale Sant’Agostino;Tecnopolo biomedicale Medolla; Polo Tecnologico Topcon Concordia; Attività raccolta rifiuti; Produttivi delle aziende: Gruppo Florim; Ceramiche Marazzi; Menu’; Mec Palmieri; Bbraun; Mantovanibenne; Gambro; Wam; International Paper; Titan.
















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