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Donne, mutilazioni genitali: un dramma anche in Emilia Romagna. Reggio Emilia la più colpita

Roberta-Mori“La pratica delle mutilazioni genitali femminili ci riguarda da vicino, perché è una violazione dei diritti umani che colpisce circa 100 milioni di donne nel mondo e dunque una parte rilevante delle bambine e ragazze che vivono nel territorio italiano e regionale”. Con queste parole la presidente della Commissione Parità e Diritti delle persone, Roberta Mori, invita la Giunta regionale, tutte le istituzioni, compreso il Governo nazionale, e l’opinione pubblica a tenere alta l’attenzione sul fenomeno, facendo quanto è possibile per prevenirlo e contrastarlo.

In occasione del 6 febbraio, Giornata mondiale contro le MGF indetta dall’ONU, la consigliera regionale rivela alcune stime (numeri esatti non esistono, data l’illegalità della pratica): tra le 285.000 donne straniere residenti in Emilia-Romagna, circa 3.800 provengono da Paesi con un tasso di donne “mutilate” superiore al 60%, altre 17.000 da Paesi con quote dal 10 al 60%. La provincia dove è più alta la quota di donne che hanno quasi certamente subito mutilazioni – oltre 800 – è quella di Reggio Emilia.

Le mutilazioni, effettuate quasi sempre in età giovanissima, sono umilianti, estremamente dolorose, rischiose per la vita stessa tanto che ci sono anche casi recenti di morte, ad esempio in Egitto e in molti altri Paesi dell’Africa dove ragioni culturali, religiose o di impronta tribale hanno radicato queste pratiche (presenti però anche in Medio Oriente e in Asia). “In ogni caso le conseguenze fisiche, psicologiche e sessuali per le donne sono oggettive e molto pesanti- sottolinea Mori- come rilevato anche da una ricerca condotta negli ultimi anni dal Servizio sanitario regionale in Emilia-Romagna grazie ai finanziamenti previsti dalla legge nazionale 7/2006 per il divieto, la prevenzione e il contrasto delle MGF”.

Un problema, prosegue la presidente della commissione Parità e diritti, è senz’altro legato ai fondi nazionali, che “diminuiscono ogni anno, tanto che quelli destinati al sociale sono ora pari a zero e quelli sanitari sono così esigui da non permettere una programmazione annuale (637.000 euro sul 2014 dopo cinque-sei anni dalla tranche precedente)”. “Nonostante questo- spiega la consigliera- la nostra Regione ha attivato percorsi sanitari presso le Asl e interventi sociali mirati, ben sapendo che il problema è prima di tutto culturale e dunque richiede una pervasiva informazione e sensibilizzazione al fine di rendere le donne e le ragazze straniere più consapevoli dei propri diritti anche riguardo alla loro salute sessuale e riproduttiva”. Ne sono esempi i laboratori per i giovani nelle scuole sulla strutturazione dell’identità di genere, sui rapporti tra i generi e tra le generazioni nel rispetto delle etnie di appartenenza; la formazione multiculturale degli operatori socio-sanitari e le campagne informative rivolte all’opinione pubblica.

“Occorre potenziare queste azioni- sollecita la presidente Mori- così come l’accesso ai servizi consultoriali e l’integrazione tra cure primarie e centri specialistici con un’assistenza appropriata”. Tali obiettivi rientrano nelle linee guida del Piano socio sanitario regionale e sono fissati, con riferimento alle MGF e alla medicina di genere, nella legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere 6/2014. “Sarà impegno della Commissione che presiedo contribuire all’attuazione di tutti i provvedimenti finalizzati a prevenire le mutilazioni genitali femminili- conclude Mori- non solo, monitoreremo e solleciteremo i ministeri coinvolti ad erogare adeguati stanziamenti, rinnovando anche l’intesa del 2013 col Dipartimento nazionale Pari opportunità”.
















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