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Un anno dall’alluvione, il punto di Confagricoltura Modena

bergamaschiIl 19 gennaio 2014 la rottura dell’argine del fiume Secchia, all’altezza della località San Matteo, ha dato il via ad un’alluvione che ha coinvolto 75 km di provincia, da Modena a Bomporto, Bastiglia, San Prospero e altri centri della bassa modenese. Qual è la situazione ad un anno di distanza? Risponde la presidente di Confagricoltura Modena Eugenia Bergamaschi, che sottolinea che ad oggi le imprese agricole alluvionate non hanno ancora avuto i rimborsi per i danni subiti: «Le organizzazioni agricole sono impegnate nel preparare le domande per il risarcimento danni in seguito all’alluvione, che devono essere presentate entro il 28 febbraio. Il meccanismo è molto complesso e ad oggi manca ancora un’ordinanza importante, per questo finora sono state presentate poche domande. È un effetto, ampiamente prevedibile, di un sistema macchinoso, che predilige la burocrazia alle esigenze delle persone. Calcolare in maniera rigorosa il reale danno alle produzioni agricole non è facile. In più il sistema Sfinge, messo in piedi per il terremoto ed utilizzato anche per i rimborsi agli alluvionati, si sta confermando troppo complesso, una criticità che noi di Confagricoltura Modena abbiamo messo in evidenza dal principio. Per tutti questi motivi molte aziende agricole hanno rinunciato a fare la domanda. Come associazione ci stiamo impegnando e così stanno facendo i funzionari della Provincia di Modena, che non possiamo che ringraziare per la disponibilità e il supporto, ma le difficoltà sono tante. ».

La presidente di Confagricoltura Modena spiega inoltre come, ad un anno dall’evento, il “pericolo fiumi” non sia scongiurato: «Rispetto a prima qualcosa è stato fatto, ma è ancora insufficiente per poter dire che il territorio è al sicuro. I Comuni dovrebbero sollecitare l’ente preposto alla gestione del fiume Po di continuare a lavorare per mettere in sicurezza gli argini e pulire il letto del fiume. Il nodo idraulico di Modena necessita di interventi strutturali, ciò che è stato fatto finora non è abbastanza. Tra i problemi irrisolti – continua Bergamaschi – c’è la gestione delle nutrie. Premesso che gli animali ci sono sempre stati e non può essere data a loro la responsabilità di quanto accaduto, poiché è l’uomo che avrebbe dovuto vigilare, le nutrie nidificano negli argini e, nonostante una legge nazionale l’abbia tolta dalla lista degli animali protetti, solo un Comune della provincia ha fatto un’ordinanza per controllarne il numero. I danni strutturali che arrecano al territorio sono ingenti e le spese necessarie utilizzate per ripristinare la rete idraulica pesano sulle tasche dei cittadini, ma è soprattutto la sicurezza delle persone in gioco. È arrivato il momento di intervenire per scongiurare una nuova calamità».
















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