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Lapam alimentare: segno più per l’export di settore a Modena. Ma sarà ‘Natale… di magro’

agroalimentare3“I volumi dell’artigianato alimentare a Modena rimangono alti, ma la redditivita è sempre più bassa a causa dei costi, dell’imposizione fiscale, della burocrazia… E questo è dimostrato anche dalle crisi finanziarie di grossi marchi, che sono finiti in concordato o hanno addirittura chiuso. Quella dell’export è l’unica strada per poter uscire da questa crisi, e questo vale sia per i piccoli che per le grandi imprese”. William Toni, presidente Lapam Alimentazione e presidente nazionale del settore carni di Confartigianato, commenta i dati di una ricerca Lapam Confartigianato sul Made in Italy agroalimentare e in particolare per l’export.

I dati dicono che Modena è ai vertici nelle esportazioni sia come volumi (1.149 milioni, quinta provincia in Italia dietro Cuneo, Verona, Milano e Parma) che come percentuale (sesto posto in Italia, con il 5,67% di valore aggiunto, contro una media nazionale dell’1,99%). Modena è particolarmente ‘forte’ nel settore lavorazione carni (prima provincia per valore aggiunto in questo settore) e nel settore ‘altri prodotti alimentari’ con un secondo posto in valore aggiunto attribuibile all’aceto balsamico tradizionale di Modena e all’aceto balsamico di Modena.

“La richiesta di prodotto italiano c’è anche per piccole imprese – sottolinea Toni – e questo vale specialmente per i paesi emergenti, vedi l’Est dell’Europa e l’Asia. Paesi che cominciano ad affacciarsi anche a prodotti di nicchia di alta qualità, e che permettono quindi di diversificare i canali di vendita. Tra i problemi principali per le piccole imprese che esportano, specie in questi ‘nuovi’ paesi c’è l’assicurazione del credito, che ad esempio in alcuni paesi dell’Est non viene praticata dalle compagnie assicurative”.
Il presidente Lapam Alimentazione, poi, torna al punto maggiormente dolente, che riguarda il mercato interno e il Natale ormai alle porte: “Sarà un ‘Natale di magro’, inutile farsi illusioni. Il mercato interno rimane bloccato e c’è la ricerca del ‘pacco povero’ e dei ‘last minute’. Tutti spendono meno e all’ultimo momento, impedendo così una programmazione alle imprese del settore. Faccio un esempio pratico: se l’anno scorso nel classico pacco natalizio si metteva un prosciutto da 10 chilogrammi, oggi la richiesta è di mettere un pezzo da 5 chilogrammi”.

 
















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