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Carcere. Garante regionale detenuti visita istituto di Castelfranco emilia: “rimangono insufficienti le possibilità di lavoro”

La Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, Desi Bruno, venerdì scorso si è recato in visita alla Casa di reclusione-Casa di lavoro di Castelfranco Emilia (Mo). Nell’occasione sono stati effettuati colloqui con gli internati le cui vicende detentive erano state portate all’attenzione dell’Ufficio.

Il numero delle presenze era di 91 (89 internati e 2 detenuti in custodia attenuata); non compresi nel dato, ma in carico alla struttura, 18 internati in licenza (di cui 2 con rientro in struttura previsto a breve e 16 in licenza finale di esperimento); quest’ultimo istituto può essere concesso dal magistrato di sorveglianza, anche al fine di favorirne il riadattamento sociale, per una durata di 6 mesi nel periodo immediatamente precedente alla scadenza fissata per il riesame della pericolosità sociale.

Nella struttura si trovano per la quasi totalità persone che hanno commesso reati, e hanno già scontato la pena in carcere, a cui il magistrato ha applicato questa ulteriore misura di sicurezza (l’internamento nella casa di lavoro) perché considerate socialmente pericolose. Si tratta per lo più di persone in condizione di fortissimo disagio sociale, raramente residenti sul territorio, molte delle quali con problemi psichiatrici, senza riferimenti sociali, abitativi, di lavoro, che spesso hanno perduto anche i legami familiari dopo una vita trascorsa in carcere. Ciò è ancora più vero se si tratta di stranieri, spesso privi di documenti, sforniti di una rete di relazioni che possa supportarli all’esterno.

La criticità più rilevante riguarda la “scarsissima possibilità di lavorare”, nonostante il fatto che proprio il lavoro dovrebbe rappresentare il contenuto caratterizzante di questa misura di sicurezza. Senza progetti specifici orientati al reinserimento sociale, il magistrato di sorveglianza non viene messo nelle condizioni di esprimere un giudizio di cessata pericolosità sociale, così spesso procedendo alla proroga della misura.

Secondo la Garante, “sarebbe opportuno attuare forme di riorganizzazione tese alla territorializzazione delle misure di sicurezza (in questo senso potrebbero essere utilizzati gli appositi spazi degli istituti penitenziari, soluzione consentita dall’ordinamento penitenziario), consentendo il rientro e/o l’avvicinamento, ove possibile, degli internati ai luoghi di residenza o comunque di frequentazione abituale, e agevolando così la presa in carico da parte dei servizi territoriali, incidendo così sui casi di proroga”. L’ufficio del Garante, da diverso tempo, ha posto la questione all’Amministrazione penitenziaria, che ha già manifestato un orientamento favorevole.

In questo contesto, stante l’attuale vacanza del magistrato di sorveglianza di Modena, che si occupa anche delle questioni che attengono agli internati di Castelfranco Emilia, l’auspicio è che possa presto insediarsi un magistrato a tempo pieno che abbia la titolarità della funzione. In questo periodo, sono stati segnalati ritardi nella concessione delle licenze per l’ingresso in comunità terapeutiche.

Merita un approfondimento la recente novità legislativa nell’ambito del superamento degli Opg (Ospedali psichiatrico-giudiziari): la Legge 81/2014, ha introdotto un nuovo principio, secondo il quale le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima.

La nuova regola del tetto massimo di durata viene prevista per le “misure di sicurezza detentive”, operando però all’interno di un testo normativo dedicato specificamente alle sole misure di sicurezza dell’Opg e della casa di cura e custodia, ma secondo autorevoli interventi la previsione deve intendersi estesa anche agli internati nelle Case di lavoro.

A parere della Garante, questa interpretazione si muove in coerenza con il principio di ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione, aprendo nuovi scenari per le persone internate nelle Case di lavoro, ma è comunque auspicabile un intervento del legislatore volto ad armonizzare la nuova disposizione con quelle pregresse contenute nel Codice penale.
















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