Da alcune settimane i Comuni dichiarano che il prossimo anno copriranno tutte le esigenze di nido sul territorio. Qualcuno, anzi, sta ipotizzando la chiusura di sezioni o riduzione di bambini nelle sezioni perché non ci sono domande dalle famiglie. Quindi sembra potersi dire che gli enti locali hanno conseguito la loro missione: se non ci sono bambini, è ovvio sopprimere i posti non utilizzati, con relativi risparmi. «Non mi sembra una bella notizia – commenta Gaetano De Vinco, presidente di Confcooperative Modena – I genitori non inviano i bimbi al nido a causa della crisi: non ci sono soldi in famiglia per sostenere una spesa mensile che va da 300 a 600 euro e oltre. In più se la mamma non lavora perché in cassa integrazione o, peggio, licenziata, la decisione di tenere il proprio bimbo a casa è quasi automatica. Questo, però, comporta almeno due conseguenze. La prima riguarda il sistema dei servizi, soprattutto quello gestito dal privato sociale, che sarà il primo a essere impattato da questa situazione. Cosa accadrà ai servizi, una volta chiusi? Quando finisce un’esperienza educativa, spesso apprezzata dalle famiglie, – annota De Vinco – è difficile recuperare lo stesso livello qualitativo raggiunto con impegno e risorse. La seconda conseguenza è la messa in mobilità di personale con competenze, professionalità e anni di formazione continua alle spalle. Nessuno sembra porsi domande sul futuro di queste persone. Cosa andranno a fare? Avranno altre occasioni di lavoro»?
Per il presidente di Confcooperative Modena l’istituzione nido, fino a qualche mese fa bandiera intoccabile delle amministrazioni locali, oggi sta diventando un elemento di compensazione tra le uscite del bilancio comunale. «Secondo me va difesa in tutti i modi la possibilità di portare il proprio bambino al nido, inteso come prima tappa di un percorso educativo che deve essere inclusivo e di qualità per tutti – afferma De Vinco – Anziché affrettarsi a chiudere i servizi, gli enti locali, pur colpiti da una crisi drammatica, dovrebbero chiedersi come aiutare concretamente le famiglie in difficoltà . Per farlo, però, occorre una visione di città , la capacità di guardare al futuro, la disponibilità a cambiare anche la spesa storica nelle sue componenti: virtù di cui la politica oggi pare, purtroppo, sprovvista. I nostri amministratori non devono rassegnarsi a una diminuzione delle opportunità , cioè a una società più povera, bensì – conclude il presidente di Confcooperative Modena – ricercare insieme al privato sociale soluzioni che permettano di mantenere intatta una rete di servizi per l’infanzia che tutto il mondo ci invidia».