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Una cuffia ‘refrigerata’ per non perdere i capelli a causa della chemioterapia, in funzione presso l’Oncologia del Ramazzini di Carpi

PaxmanTra gli ‘effetti collaterali’ dei trattamenti chemioterapici in oncologia, ovvero nella somministrazione di quei farmaci che hanno la capacità di distruggere nel modo più mirato possibile le masse tumorali, c’è anche la perdita dei capelli. Il problema potrebbe apparire secondario, ma in realtà è di primaria importanza per la salute psico-fisica del paziente. In un momento di insicurezza e fragilità generale, legato alla non facile convivenza con una malattia invasiva, l’individuo percepisce ogni ‘trasformazione’ – in questo caso la perdita, seppur temporanea, dei capelli – come un trauma. Ridurre al minimo questo particolare disagio significa dunque migliorare la fiducia in se stessi dei pazienti, e stimolare atteggiamenti positivi verso la terapia.

Fra le varie soluzioni proposte per contrastare la caduta dei capelli a seguito di alcuni trattamenti di chemioterapia, l’unica che a oggi abbia dimostrato, in test clinici, risultati incoraggianti è la ‘cuffia’ refrigerata Paxman che, a partire da questi giorni, è stata messa a disposizione dei pazienti del reparto di Oncologia dell’Ospedale di Carpi, grazie al contributo dell’Associazione Malati Oncologici (AMO). Il sistema Paxman, ideato in Gran Bretagna, riesce ad evitare nel 50-70% dei casi la perdita dei capelli dovuta all’uso di alcuni farmaci chemioterapici. Attualmente, in Italia, il sistema è utilizzato soltanto in un altro ospedale, ad Avellino.

Dopo aver visitato due strutture pubbliche inglesi (il “Christies Hospital” a Manchester e l’ospedale di Huddesfield, simile per dimensioni a quello carpigiano) l’equipe della Medicina Oncologica del Ramazzini, diretta da Fabrizio Artioli con il coordinamento infermieristico di Angela Righi e in collaborazione con l’Associazione Malati Oncologici (AMO), hanno deciso di acquistare una ‘cuffia’ Paxman, del valore di circa 30mila euro.

Il sistema Paxman consiste nel raffreddamento controllato del cuoio capelluto attraverso l’uso di una cuffia, ed è stato inventato a Manchester dalla famiglia di imprenditori Paxman, dalla quale prende il nome. “Il principio per cui il raffreddamento del cuoio capelluto durante l’infusione della chemioterapia riduce la perdita di capelli è nota – spiega l’infermiera Angela Righi, caposala del reparto di Medicina Oncologica del Ramazzini – anche se il problema, sinora, è stato il mantenimento delle basse temperature. In passato, infatti, queste ‘cuffie’ erano costituite da una gelatina che veniva raffreddata in freezer ma, una volta indossata, perdeva velocemente il suo ‘potere’ refrigerante. La cuffia Paxman, invece, mantiene costante la temperatura a – 4 °C e permette di trattare 2 pazienti per volta, per un totale di 4 al giorno”.

L’invenzione della ‘cuffia’ Paxman

La storia degli imprenditori Paxman inizia negli anni ’50 del secolo scorso, con l’invenzione di un sistema di raffreddamento per la birra. La produzione dell’azienda, però, è destinata a mutare radicalmente. La moglie del figlio del fondatore, infatti, si ammala di tumore al seno. E il consorte Glenn, aiutato dal padre Eric e dal fratello Neil, decide di investire tutta la propria conoscenza nel campo dei sistemi di raffreddamento per plasmarli e renderli utili ai malati di tumore che devono sottoporsi alla chemioterapia. Stando vicino alla moglie malata, Glenn si rende conto ben presto di quanto sia difficile accettare, soprattutto per una donna, la perdita dei capelli durante i trattamenti chemioterapici. Un dolore che lui vuole riuscire ad evitare a chi soffre già per una malattia grave. La moglie diventa la prima donna a sperimentare la ‘cuffia’, anche se su di lei lo strumento, ancora ‘primitivo’, non sortisce l’effetto sperato. Dopo alcuni mesi la malattia, inesorabilmente, strappa a Glenn l’amore della moglie per la quale ha tanto lottato. Ma, ormai, la famiglia ha segnato la propria storia. Dopo diversi studi e ricerche, nel 1997, la Paxman produce il primo prototipo ufficiale della ‘cuffia’ che viene installata presso la Huddersfield Royal Infirmary. Oggi Paxman è l’unico produttore di questo tipo di tecnologia. Il sistema di raffreddamento del cuoio capelluto, in Gran Bretagna, è usato in più di mille strutture. La ‘cuffia’ è stata installata anche in alcuni ospedali di Svizzera, Francia, Germania e Giappone.

Come funziona la ‘cuffia’ refrigerata

Il requisito fondamentale di un farmaco chemioterapico (il termine deriva da dalla parola greca ‘chemio’ che significa chimica e il suffisso terapia) è la selettività del bersaglio, che lo porta all’eliminazione delle cellule neoplastiche, preservando il più possibile la salute di quelle sane. Si tratta, però, di un requisito puramente ideale, dal momento che non esistono farmaci chemioterapici in grado di agire esclusivamente sulla massa tumorale e non presentare effetti collaterali su altri tessuti dell’organismo anche se, solitamente, questi ultimi sono in grado di tornare alla normalità al termine della terapia.

Paxman non è altro che una cuffia di silicone morbido, collegata ad un impianto frigorifero compatto, che viene posta sulla testa del paziente prima, durante e dopo il trattamento chemioterapico. La temperatura del cuoio capelluto viene abbassata gradualmente, facendo circolare un refrigerante speciale all’interno della cuffia, ed è mantenuta costante per tutto il periodo del trattamento, partendo da circa 20 minuti prima e continuando anche a fine seduta per un periodo di tempo che può variare da 45 minuti sino a 2 ore. La perdita dei capelli a seguito di alcuni trattamenti di chemioterapia si verifica a causa dell’atrofia parziale o totale della radice del bulbo pilifero, ‘attaccato’ dal farmaco. Il sistema del raffreddamento produce invece una sensibile riduzione del flusso di sangue ai follicoli piliferi, preservandoli in questo modo dalla distruzione. Il sistema Paxman può essere efficace su una vasta gamma di farmaci chemioterapici come l’epirubicina, la doxorubicina e il taxol.

L’esperienza dell’Associazione Malati Oncologici (AMO)

“Ero liscia come una palla da biliardo – racconta Lea Gasparini, vicepresidente di AMO – e quella sensazione è stata davvero dolorosa. Un trauma che non avrei creduto di vivere in modo così forte. Oltre alla preoccupazione di avere un cancro, c’erano quei capelli che cadevano e mi mettevano a disagio”.

“Esistono molti rimedi per ‘nascondere’ agli altri questa debolezza – spiega Franca Pirolo di AMO Carpi – ma una parrucca, quando si rimane da soli con se stessi, resta una finzione inutile. Il percorso che vive chi si trova ad affrontare una malattia come il tumore è tutto in salita. Ad occhi ‘esterni’ la perdita temporanea dei capelli potrebbe sembrare il ‘male minore’ ma chi ha vissuto questa esperienza sa che non è affatto così. Soprattutto per le donne. Per questo motivo AMO è stata assolutamente favorevole all’acquisto della cuffia Paxman”.

 

 

 

 
















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