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Modena, Morrone-Favarin (SEL) sul rilancio del dibattito politico

Se oltrepassiamo il paranoico dibattito che si è aperto sulle alleanze tra i partiti in vista delle prossime scadenze elettorali italiane (sia politiche che amministrative), ci accorgiamo che il tema vero è quale visione generale e quale idea di società siano adeguate per un cambiamento che non sia soltanto di facciata e che incida nelle condizioni materiali delle persone.

 Ad un più ampio livello, tre questioni, tra le altre, si impongono: restituire credibilità ad una classe politica percepita come vecchia, inefficace, privilegiata e corrotta; riportare sotto il controllo democratico i meccanismi impazziti della finanza e dei mercati; migliorare la qualità dell’esistenza delle migliaia di soggetti umani che si arrabattano per non perdere la dignità, a partire dai giovani mortificati dal precariato.

A livello locale se ne possono aggiungere di più specifiche: riallacciare il tessuto del dialogo con la città e della partecipazione “vera” (non celata dietro parate più o meno istituzionali); riappropriarsi di una progettualità forte, che sia in grado di ridiscutere delle priorità di Modena e che sappia rispondere alle domande che – di fronte a bilanci sempre peggiori, ad una disillusione crescente, a bisogni sempre più stringenti – questa pone: quale città vogliamo, quale welfare, quale scuola, quale cultura, quale ambiente di vita, quale sistema di mobilità, quali forme di integrazione delle diversità, quali diritti civili?

Per affrontare questi temi c’è bisogno di chiarezza sui contenuti e, contemporaneamente, di formare una massa critica intorno ad un discorso e ad una proposta in grado di parlare alla città e di raccogliere il necessario consenso per vincere. E questo non lo si fa con gli schemi astratti tra progressisti e moderati, bensì attrezzando un percorso che coinvolga tutti i segmenti che compongono Modena, specialmente quelli poco o mai ascoltati.

Una rotta del genere, a nostro avviso, deve partire da un giudizio negativo sul Governo Monti e da una presa di distanza dalle sue politiche per marcare una cifra culturale opposta.

Il tratto ideologico ed unificante delle riforme promosse dai cosiddetti tecnici (pensioni, mercato del lavoro, tagli lineari ai servizi pubblici travestiti da spending rewiew) consiste nel non considerare, e conseguentemente punire, le responsabilità di chi la crisi l’ha prodotta a danno di chi la sta pagando sulla propria pelle, ovvero nella rimozione delle differenze tra la minoranza che continua ad accumulare e sperperare, nonostante la crisi, e la maggioranza che ha perso il lavoro o fa fatica ad arrivare a fine mese.

Anche a Modena occorre, al più presto, un luogo di dibattito pubblico e di costruzione di proposte che tenga insieme chi crede che sia possibile definire i tratti essenziali di un programma alternativo al privatismo e al populismo, che riattivi i movimenti (dei precari, delle donne, per la libertà d’informazione, per i beni comuni, per i diritti del lavoro e civili), la cittadinanza attiva e impegnata, le forze sociali, le associazioni, coloro che credono che la democrazia rappresentativa vada integrata con robuste iniezioni di democrazia diretta, i tantissimi amministratori virtuosi, quel popolo del centrosinistra che ormai mostra palesi segnali d’insofferenza sia per il sostegno supino al Governo Monti e per le strategie confuse e attendiste in vista del futuro da parte del PD sia per un modo di fare politica troppo spesso obsoleto e incomprensibile.

Questo dibattito, ampio e coinvolgente, deve adottare i principi della partecipazione e della trasparenza come criteri guida del dialogo, e perciò deve partire dalle questioni ancora irrisolte che in questi mesi hanno lasciato segni negativi nella città: ad esempio, non si può non rinnovare la necessità di una puntuale verifica del rispetto delle autorizzazioni ambientali nell’iter di costruzione della pista di Marzaglia.

Ma altre tracce di merito – assolutamente non esaustive – possono essere già indicate: l’avvio di un percorso ampiamente partecipato sul PSC, che si ponga l’obiettivo di una città “con consumo di suolo a saldo zero” e che dialoga (e non compete) con le altre città vicine; l’applicazione coerente del Piano Casa, a partire dalla realizzazione dell’housing sociale e della riqualificazione dell’esistente; una politica ambientale, in particolare in merito alla gestione dei rifiuti, più avanzata, in accordo con le proposte che vengono dalla UE e dalla nostra stessa regione, alternative alle logiche dell’incenerimento; una virtuosa applicazione del Piano Sosta che favorisca davvero la mobilità sostenibile e dolce, destinando maggiori risorse per il trasporto pubblico locale; un deciso intervento dell’amministrazione comunale nel contrastare la crisi sociale e occupazionale, sulla scia del Comune di Napoli che ha appena istituito un Assessorato ad hoc per “Lavoro, Sviluppo e gestione delle crisi aziendali”; una discussione sulla riforma del welfare locale che, rifuggendo dalle soluzioni “pronto uso” delle esternalizzazioni, preservi e valorizzi il ruolo del pubblico, nella convinzione – per citarne una – che i servizi educativi e la scuola non possano valere criteri e parametri di mero contenimento della spesa; l’introduzione di strumenti politici e tecnici (come l’istituzione di una Commissione Antimafia) volti a costrastare la corruzione e favorire la legalità.

(Sinistra Ecologia Libertà Giuseppe Morrone – Coordinatore federale, Cristian Favarin – Coordinatore cittadino)

 
















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