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Alonso protagonista della campagna antipolio dell’UNICEF

Cosa può fare un pilota di Formula 1 per un bambino? Per chi come noi è abituato a certi standard di vita, la risposta è abbastanza facile: può dare gioia per un sorpasso, esultanza per una vittoria, rabbia per un errore. A chi invece non ha il tempo di pensare allo sport come un momento di svago ma deve lottare ogni minuto di vita per la propria sopravvivenza queste cose importano poco, anzi nulla. Per loro, che purtroppo sono ancora la stragrande maggioranza dei bambini, uno sportivo può rappresentare un esempio di comportamento e può aiutare a rendere più vicine delle cose che altrimenti potrebbero essere più difficili da raggiungere.

E’ con questo spirito che Fernando Alonso è diventato, oltre quattro anni fa, ambasciatore dell’UNICEF: per mettere a disposizione la sua immagine per iniziative rivolte all’assistenza dei bambini nei Paesi in via di sviluppo. E in questo suo ruolo diverso oggi Fernando è stato protagonista della campagna dell’organizzazione dell’ONU contro la poliomielite, supportata fra gli altri da Bill e Melinda Gates e da Desmond Tutu. Fernando ha visitato l’ospedale pediatrico Chacha Nehru Bal Chikitsalaya di Nuova Delhi dove – insieme a Hamid Jafari, Project Manager del WHO-National Polio Surveillance Project, a K.K. Kalra, Sovrintendente Medico dell’ospedale, e a A.K.Agarwal, del Maulana Azad Medical College – ha somministrato il vaccino antipolio ad un gruppo di piccoli pazienti: obiettivo della campagna è infatti la sensibilizzazione della popolazione sull’importanza della vaccinazione contro questa terribile malattia.

“La lotta contro la poliomielite ha fatto dei passi avanti straordinari in India, tanto è vero che l’ultimo caso è stato registrato nel gennaio scorso” – ha detto Fernando ad un gruppo di giornalisti presenti – “Molto ancora resta da fare perché è fondamentale che ad ogni bambino sia somministrato il vaccino affinché la malattia scompaia totalmente dalla faccia della terra. Per me è importante essere qui e poter fare, nel mio piccolo, qualcosa di utile. Certo, un ospedale è sempre un posto che dà delle sensazioni forti, spesso dure da digerire, ma vedere i bambini che, pur in condizioni difficilissime, trovano sempre il modo di sorridere e di avere speranza nel futuro è qualcosa che mi tocca sempre profondamente”.
















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