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Cittadinanza dopo 5 anni: ok del Consiglio provinciale di Modena ad Odg

stranieri_3«La cittadinanza italiana per lo straniero adulto deve diventare un percorso certo, ricercato e formativo. Va riconosciuta a chi dimostri di volersi integrare nel tessuto sociale e civile della nazione che lo ospita da almeno cinque anni. Per i minori nati sul territorio italiano la cittadinanza deve essere obbligatoriamente richiesta secondo il diritto della territorialità, mentre il minore che giunge in Italia deve avere la possibilità di acquisirla al completamento del ciclo di studi obbligatorio se ha almeno due anni di permanenza sul territorio». Sono questi i principi fondamentali in base ai quali il Governo dovrebbe riformare la legge sull’acquisizione della cittadinanza italiana secondo l’ordine del giorno presentato in Consiglio provinciale da Cecile Kyenge Kashetu (Pd) e approvato con il voto favorevole di Pd e Idv (astenuta Udc, contrari Pdl e Lega).

Il documento è stato discusso insieme ad altri due ordini del giorno sullo stesso tema (entrambi respinti) presentati rispettivamente da Fabio Vicenzi per l’Udc (voto a favore della sola Udc, contrario di Pdl e Lega, astensione di Pd e Idv) e da Denis Zavatti a nome di Lega nord e Pdl (voto a favore di Pdl e Lega, contrario di Pd, Idv e Udc).

Secondo Fabio Vicenzi la nascita sul territorio italiano dovrebbe dare diritto all’acquisto della cittadinanza se almeno uno dei genitori è residente nel Paese da almeno cinque anni e sulla base di una richiesta esplicita. Nel caso di uno straniero adulto, la cittadinanza può essere concessa dopo sei anni di residenza e previo giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione, delle leggi, dei diritti di libertà e di autodeterminazione delle donne, avendo inoltre dimostrato buona conoscenza della lingua italiana e riconosciuto i valori fondanti della cultura e della tradizione cristiana.

Il documento di Lega nord e Pdl richiede invece una restrizione delle norme attuali sulla cittadinanza che dovrebbe essere concessa solo alla fine di un lungo e articolato processo di integrazione. Rimane la previsione dei dieci anni di permanenza in Italia a cui si aggiunge il giuramento di fedeltà alla Costituzione e la perdita automatica della cittadinanza di origine. Per i nati in Italia, il principio dello “ius sanguinis” prevale sul quello dello “ius soli”, e in nessun caso l’elettorato attivo e passivo, anche nell’ambito amministrativo, può essere disgiunto dall’acquisizione della cittadinanza.

No al ‘multiculturalismo’,  ‘sia una conquista’

L’ordine del giorno che chiede al Governo di modificare radicalmente le norma per il riconoscimento della cittadinanza italiana agli stranieri è stato approvato con il voto favorevole di Pd e Idv (contrari Pdl e Lega, astenuta Udc).

Lorenzo Biagi (Lega nord) ha contestato ai proponenti di «prevedere solo diritti e nessun dovere per gli extracomunitari. La cittadinanza – ha detto – non garantisce l’integrazione che viene solo con il rispetto degli usi e costumi del popolo ospitante». «Gli immigrati continuano ad arrivare – ha replicato Fausto Cigni (Pd) – mentre voi lanciate messaggi e non risolvete i problemi». Premesso che «va assolutamente tenuto lontano il rischio del razzismo», Bruno Rinaldi (Pdl) ha affermato che la cittadinanza «è uno status, che diventa diritto solo dopo un certo numero di anni di permanenza». Secondo Giorgio Siena (Pd) l’integrazione può realizzarsi in due modi: «Nel riconoscimento dei principi costituzionali che governano una società, come è auspicabile, oppure nell’assimilazione rinunciando alla propria cultura e religione, come vorrebbe il Pdl e in parte l’Udc, che è invece molto discutibile». E Livio Degliesposti (Lega nord) ha risposto che «purtroppo, salvo cambiamenti radicali, i musulmani rimarranno tali e non potranno integrarsi perché sono lontani anni luce per cultura e religione». Augurandosi una società «multirazziale e multietnica ma non multiculturale» Fabio Vicenzi (Udc) ha detto che «occorre dare una prospettiva allo straniero e a chi raggiunge un’identità nazionale partendo dal rispetto della legalità e dal riconoscimento della cultura italiana». Al contrario, per Daniela Sirotti Mattioli (Pd) «il multiculturalismo è una ricchezza e si può imparare».

Patrizia Cuzzani (Idv) ha sottolineato che la cittadinanza «non è un privilegio da usare a discrezione della maggioranza ma rivendicazione di identità e responsabilità», mentre per Mauro Sighinolfi (Pdl) deve essere vista come «una conquista. Altra cosa è il diritto di voto nelle amministrative al quale sono anche propenso». Secondo Davide Baruffi (Pd) il Governo ha «rinunciato a governare il processo dell’immigrazione: il Paese è fermo all’anno zero per cultura e politiche attive verso gli immigrati» e Dante Mazzi (Pdl) ha replicato: «Siete voi a chiedere la partecipazione degli immigrati, non loro» mentre per Luca Gozzoli (Pd) «fa comodo non risolvere il problema ma sventolarlo e poi dire che si fa quello che vuole la gente».
















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